Bruxelles – Ripartire da azioni più concrete in ciascuno dei 27 Stati membri, per cercare una soluzione al problema del livello di rifiuti ancora troppo elevato sul territorio comunitario. La Commissione Europea ha annunciato oggi (5 luglio) di voler dare una stretta agli sprechi alimentari e del settore tessile, attraverso due proposte – all’interno dello stesso quadro di revisione della Direttiva quadro sui rifiuti del 2008 – che lasciano molto spazio ai Ventisette per definire le strategie e le modalità operative, ma con obiettivi che devono trovare un riscontro entro la fine del decennio.
Entrambe le proposte si basano sui dati disponibili a livello Ue. Per quanto riguarda gli sprechi alimentari, ogni anno nell’Unione Europea vengono generati quasi 59 milioni di tonnellate di rifiuti, pari a 131 chili per abitante, per una perdita economica stimata a 132 miliardi di euro: secondo il primo monitoraggio Eurostat del 2020, il 53 per cento dei rifiuti alimentari proviene dalle famiglie, il 7 dal commercio all’ingrosso e al dettaglio e il 9 dai ristoranti e dai servizi di ristorazione, mentre il restante 31 per cento tra produzione primaria (11) e lavorazione/produzione di alimenti (20). Uno spreco che ha anche “un enorme impatto ambientale”, stimato a 252 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, ovvero circa il 16 per cento delle emissioni totali di gas serra del sistema alimentare dell’Unione: “Se lo spreco alimentare fosse uno Stato membro, sarebbe il quinto più grande emettitore di gas serra“, è il paragone fornito dalla Commissione Ue, che ha ricordato l’impatto anche sulle risorse naturali e l’uso del suolo. Per quanto riguarda invece gli sprechi tessili, l’Unione Europea genera 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, di cui 5,2 milioni da abbigliamento e calzature (12 chili di rifiuti per persona): “Attualmente solo il 22 per cento dei rifiuti tessili post-consumo viene raccolto separatamente per essere riutilizzato o riciclato, mentre il resto viene spesso incenerito o messo in discarica”.
La lotta agli sprechi alimentari
Sul piano della lotta agli sprechi alimentari l’obiettivo fissato dal gabinetto von der Leyen è quello di un taglio entro il 2030 del 10 per cento nella trasformazione e nella produzione e del 30 per cento (pro capite) nella vendita al dettaglio e nel consumo, tra ristoranti, servizi alimentari e famiglie. “Una famiglia di quattro persone risparmierebbe in media circa 400 euro all’anno se i rifiuti alimentari venissero ridotti secondo la nostra proposta”, ha rivendicato la Commissione Ue, definendo la lotta agli sprechi alimentari “una triplice vittoria” per l’Unione: “Contribuisce alla sicurezza alimentare, aiuta le aziende e i consumatori a risparmiare e riduce l’impatto ambientale della produzione e del consumo di cibo”.
In realtà la legislazione comunitaria in materia di lotta ai rifiuti prevede già che gli Stati membri attuino programmi nazionali di prevenzione e riduzione dei rifiuti alimentari in ogni fase della catena di approvvigionamento, ma finora la quantità di rifiuti “non è diminuita abbastanza”. Per questo Bruxelles spinge i Ventisette a “intraprendere azioni ambiziose e a sostenere i cambiamenti comportamentali”, ma anche a rafforzare la collaborazione tra gli attori dell’intera catena del valore alimentare. Tra le migliori pratiche identificate ci sono i meccanismi di governance che coordinano gli sforzi di riduzione dei rifiuti (come in Francia, Germania e Paesi Bassi), l’integrazione della prevenzione dello spreco alimentare nei programmi scolastici e l’agevolazione della donazione di cibo “attraverso misure legislative e incentivi fiscali” alla ridistribuzione delle eccedenze alimentari. Sarà proprio il monitoraggio del 2020 la base di riferimento per valutare i progressi futuri, con una revisione formale da fissare “entro la fine del 2027”.
La lotta agli sprechi tessili
Non c’è solo la lotta agli sprechi alimentari nella strategia della Commissione, ma anche lo sforzo di diminuire i rifiuti tessili. Il cuore della nuova proposta è la responsabilità dei produttori per l’intero ciclo di vita dei prodotti: “Questa iniziativa accelererà lo sviluppo del settore della raccolta differenziata, della cernita, del riutilizzo e del riciclaggio dei prodotti tessili, in linea con la strategia dell’Ue per i prodotti tessili sostenibili e circolari”. Si tratta in particolare di introdurre schemi obbligatori e armonizzati di responsabilità estesa del produttore per i prodotti tessili in tutti gli Stati membri, sulla base dei risultati positivi nella gestione di imballaggi, batterie e apparecchiature elettriche ed elettroniche. vale a dire che i produttori copriranno i costi di gestione dei rifiuti tessili, “incentivandoli a ridurre i rifiuti e ad aumentare la circolarità dei prodotti tessili, progettando prodotti migliori fin dall’inizio”. L’importo da pagare sarà regolato in base alle prestazioni ambientali dei prodotti tessili, un principio noto come “eco-modulazione”.
Il risultato previsto dal gabinetto von der Leyen è quello di rendere più facile per i 27 Paesi membri Ue attuare l’obbligo di raccolta differenziata dei prodotti tessili a partire dal 2025, in linea con la legislazione attualmente in vigore. I contributi dei produttori finanzieranno gli investimenti nelle capacità di raccolta differenziata, selezione, riutilizzo e riciclaggio: “Le imprese sociali attive nella raccolta e nel trattamento dei tessili beneficeranno di maggiori opportunità commerciali e di un mercato più ampio per i tessili di seconda mano”, è quanto mette in chiaro la Commissione. Parallelamente sarà affrontata anche la pratica dell’esportazione di rifiuti mascherata da riutilizzo verso Paesi non attrezzati per la gestione, chiarendo “cosa si intende per rifiuti e cosa per prodotti tessili riutilizzabili”. In questo modo le spedizioni potranno avvenire solo se ci sono “garanzie che i rifiuti tessili siano gestiti in modo ecologicamente corretto” da Paesi terzi.