I cittadini dell’Ue che lavorano nel proprio Paese di appartenenza superano di gran lunga il numero degli stranieri impiegati nello stesso Paese, eccezion fatta per alcuni Stati, in cui gli occupati stranieri sono più di quelli ‘nazionali’. L’Italia, insieme a un’altra manciata di Paesi tra cui Cipro, Lituania e Repubblica Ceca è uno di questi.
A dircelo una statistica Eurostat, secondo cui nel 2013 in Europa il tasso di occupazione dei cittadini ‘nazionali’ era pari al 68,9%, a fronte del 56,1% dei cittadini non comunitari.
Proporzioni invertite per l’Italia, in cui risulta impiegato il 59,5% degli italiani, il 60,1% degli stranieri non europei e il 65,8% degli stranieri che provengono da un altro Stato membro dell’Ue. Numeri simili per Cipro in cui a lavorare sono il 66,8% dei ciprioti contro il 74,3% degli stranieri non europei. Anche nella Repubblica Ceca i cittadini non comunitari occupati superano i cechi di diversi punti percentuali (79,5% contro il 72,4%). In Lituania, infine, gli occupati nazionali sono il 69,8%, mentre gli extracomunitari con un lavoro il 70,8%.
Le maggiori differenze registrate tra i tassi di occupazione dei cittadini extracomunitari e quelli nazionali si evidenziano in Svezia, dove i cittadini non comunitari che lavorano sono solo il 50,2%, a fronte dell’81,3% degli svedesi impiegati. Stesso discorso per il Belgio (39,9% gli extracomunitari, 68,7% i belgi) e per la Francia (48,6% i non-Ue rispetto al 70,6% dei francesi).