Bruxelles – Il ‘modello scandinavo’ si è trasformato, almeno a livello politico. Dopo la Svezia, anche la Finlandia si sposta formalmente a destra, con i conservatori al potere ma il baricentro sempre più verso l’estrema destra nazionalista. Il leader del Partito di Coalizione Nazionale e prossimo neo-premier, Petteri Orpo, ha annunciato nel tardo pomeriggio di ieri (15 giugno) di aver raggiunto un accordo per la formazione di un nuovo esecutivo, stringendo un’alleanza di governo con l’estrema destra dei Veri Finlandesi e con due partiti minori di centro-destra all’Eduskunta (il Parlamento monocamerale), il Partito Popolare Svedese di Finlandia e i Democratici Cristiani.
L’annuncio è arrivato a più di due mesi dalle elezioni che hanno sancito lo slittamento a destra della Finlandia. Lo scorso 2 aprile l’ex-premier socialdemocratica, Sanna Marin, è stata sconfitta dai conservatori e dai nazionalisti non tanto sul piano personale (il Partito Socialdemocratico Finlandese ha conquistato tre seggi in più rispetto alle elezioni del 2019, salendo a 43), quanto piuttosto su quello dei rapporti di forza. Sia il Partito di Coalizione Nazionale sia i Veri Finlandesi hanno registrato un’ondata di consensi che li ha portati rispettivamente al primo e al secondo posto come numero di deputati all’Eduskunta, entrambi scavalcando i socialdemocratici in termini di rappresentanza parlamentare. Ecco perché è stato subito chiaro che si è trattato del tramonto (almeno momentaneo) dell’epoca della più giovane premier europea e un’occasione per i conservatori di spostarsi sempre più verso l’estrema destra.
“Tutte le questioni sono state risolte e i documenti sono pronti“, ha dichiarato ieri Orpo in una conferenza stampa congiunta con i leader degli altri tre partiti di maggioranza, compresa la leader dei Veri Finlandesi, Riikka Purra. Dopo la doppia tornata elettorale in meno di un anno nei due Paesi scandinavi che ha sancito lo slittamento politico dal centro-sinistra alla destra, è proprio questa la differenza tra Svezia e Finlandia che può essere evidenziata. Se a Stoccolma il premier Ulf Kristersson ha lasciato fuori dal governo l’estrema destra dei Democratici Svedesi (anche se il loro appoggio esterno è decisivo per tenere in piedi l’esecutivo che attualmente detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue), a Helsinki i nazionalisti saranno parte integrante del governo, anche in virtù dei 46 deputati eletti in Parlamento (solo due in meno dei conservatori). Insieme al Partito Popolare Svedese di Finlandia (9 seggi) e ai Democratici Cristiani (5) la maggioranza su cui si reggerà il nuovo governo di destra finlandese sarà di 108 deputati su 200.
Una maggioranza in verità non particolarmente larga, anche considerati i delicati equilibri su cui si regge l’accordo di governo. Tra i due partiti liberali e i Veri Finlandesi non corre ottimo sangue – il Partito di Coalizione Nazionale e il futuro premier Orpo saranno costantemente chiamati a mediare – in particolare sul piano della gestione della migrazione e delle finanze pubbliche, della politica climatica e degli aiuti di Stato. In un momento decisivo per le possibilità di trovare un accordo sul Patto migrazione e asilo a livello Ue, quello dell’accoglienza delle persone migranti in arrivo in Finlandia e dei negoziati a Bruxelles è però il principale punto su cui già da ora è opportuno prestare attenzione per la stabilità del governo nascente. I liberali (e in parte anche i conservatori) considerano la politica migratoria vitale per mantenere stabile lo Stato sociale di un Paese che deve far fronte all’inesorabile invecchiamento della sua popolazione, mentre i Veri Finlandesi hanno fatto una durissima campagna contro l’immigrazione e anche contro l’Unione Europea per assicurarsi il consenso dell’elettorato alla tornata di aprile.