Bruxelles – “Scatola vuota”, “tigre sdentata”. O ancora, “la montagna che ha partorito il topolino”. Assomigliava a una gogna pubblica, quella a cui si è sottoposta oggi (13 giugno) la vicepresidente della Commissione europea responsabile per le politiche sui valori e la trasparenza, Vera Jourová, all’emiciclo di Strasburgo. Qui il comitato etico interistituzionale disegnato dalla commissaria e presentato, dopo oltre tre anni di gestazione, la scorsa settimana, non è piaciuto a nessuno. O quasi.
Da destra e da sinistra, anche se con motivazioni diverse, la maggior parte degli eurodeputati ha criticato duramente il lavoro di Jourová. Schiacciata ai due estremi, tra chi ha messo nel mirino il rischio di compromettere la libertà dei membri del Parlamento e chi invece ha denunciato la mancanza di poteri reali di tale organismo, la vicepresidente ha dovuto mettere le mani avanti: “Non è solo la Commissione, abbiamo presentato una proposta che riflette le posizioni di tutte le istituzioni, compreso il Parlamento europeo”, ha dichiarato con difficoltà alla fine del dibattito.
In sintesi, nella proposta dell’esecutivo comunitario il comitato sarebbe composto da rappresentanti di tutte le nove istituzioni Ue e da alcune figure indipendenti, incaricate di redigere nuovi standard etici comuni. Tali indicazioni sarebbero poi implementate con regolamenti specifici da ciascuna istituzione, secondo un approccio differenziato. Nessun potere investigativo, nessuna capacità di punire i colpevoli, perché “un organo interistituzionale non può svolgere indagini su singoli individui e comminare sanzioni, i trattati non lo prevedono”, ha spiegato Jourová, che in qualità di commissaria europea è anche “guardiana dei trattati”. Nell’architettura pensata dalla commissaria, a vigilare sull’applicazione di questi standard “giuridicamente vincolanti” sarebbero allora la Procura europea (Eppo) e l’Ufficio europeo per la Lotta Antifrode (Olaf), con la possibilità, in caso di infrazioni, di rivolgersi alla Corte europea di Giustizia.
Gli attacchi bipartisan al Comitato etico Ue
Un organismo di questo tipo, all’Eurocamera sono quasi tutti d’accordo, non permetterà di fare molti passi in avanti e di scongiurare nuovi Qatargate. L’opinione è trasversale e condivisa da un estremo politico all’altro: per Alessandro Panza (Lega), del gruppo Identità e Democrazia, si tratterebbe “dell’ennesimo inutile carrozzone che va a gravare sulle tasche dei cittadini europei”, secondo Manon Aubry, copresidente della Sinistra Europea, “al meglio sarà un club di scrittura per redigere una carta di buona condotta”. Forti perplessità anche dai Socialisti e Democratici, con il capodelegazione del Partito Democratico, Brando Benifei, che ha accusato Jourová di non aver ascoltato “le proposte puntuali del gruppo” e l’eurodeputata tedesca Gabriele Bischoff che ha definito il comitato etico solamente “una nuova istanza di coordinamento”.
Dopo aver incassato le critiche, la commissaria ha ribadito tuttavia che “l’organismo non sarà consultivo”, ma che “dovrà lavorare in sinergia con le strutture preposte nelle diverse istituzioni, competenti per le questioni etiche”. Jourová ha poi rilanciato, chiedendo all’aula per quale motivo vuole “esternalizzare” un compito che dovrebbe essere svolto dall’organo preposto all’interno del Parlamento europeo. D’accordo con lei l’eurodeputato tedesco Sven Simon, del Partito Popolare Europeo, per il quale non ha senso “continuare a concentrarsi su un organismo etico esterno senza portare avanti le riforme necessarie per rafforzare i meccanismi interni”.
Diversi eurodeputati non hanno fatto mancare accuse alla Commissione e alla presunzione con cui si erge a baluardo della trasparenza: nel bersaglio i famosi sms “andati persi” tra la presidente von der Leyen e il Ceo di Pfizer, Albert Bourla, o il coinvolgimento più o meno diretto nel Qatargate di alcuni funzionari dell’esecutivo Ue. Jourová ha lasciato la porta aperta a eventuali stravolgimenti della proposta, a cominciare dal 3 luglio, quando si terrà il primo incontro politico interistituzionale per discutere la proposta. “Sono totalmente disponibile a lavorare con il Parlamento e con le altre istituzioni per la creazione di tale organo e ad apportare modifiche, ma deve essere operativo, significativo e a prova di bomba dal punto di visto giuridico”, ha concluso la vicepresidente della Commissione europea. Se l’Eurocamera abbia recepito il messaggio, lo si capirà una settimana dopo il vertice del 3 luglio, quando l’emiciclo di Strasburgo voterà una risoluzione sulla proposta di Jourová.