Bruxelles – Germania, Spagna, Paesi Bassi, Romania, Belgio, Slovenia e Lussemburgo. Sette in tutto i Paesi dell’Unione europea i cui ministri degli Esteri tornano a insistere dalle colonne di Politico per usare il voto a maggioranza qualificata in politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, dove invece oggi è richiesto il voto all’unanimità. Non un cambiamento degli attuali Trattati su cui l’Unione europea si fonda, ma un nuovo “approccio più pragmatico” al sistema decisionale dell’Unione europea.
“Di fronte alla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, l’Unione europea ha dimostrato la sua capacità di agire”, hanno scritto i sette ministri dell’Ue, ricordando che l’Unione ha sostenuto l’Ucraina “diplomaticamente, finanziariamente e militarmente”, riducendo la sua dipendenza energetica dalla Russia e dando una prospettiva concreta di adesione tanto all’Ucraina quanto . Tuttavia, osservano, prima dell’inizio della guerra di Russia in Ucraina “un’azione dell’Ue così rapida e risoluta non era sempre scontata. La stragrande maggioranza delle decisioni nella politica estera dell’UE richiede l’unanimità, che, in alcuni casi, può rallentare la nostra capacità di agire”. Questo – si legge nell’editoriale di Politico – il motivo per cui i sette ministri sostengono un maggiore utilizzo del voto a maggioranza qualificata nella politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’Ue, come attualmente previsto dal trattato sull’Unione europea.
L’iniziativa si inscrive nel quadro più ampio del cosiddetto ‘Gruppo di amici del voto a maggioranza qualificata’, iniziativa promossa dalla Germania nei mesi scorsi con altre otto Capitali europee: Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovenia e Spagna. L’obiettivo del ‘Gruppo di amici del voto a maggioranza qualificata’ – così hanno deciso di chiamarsi – è di “migliorare l’efficacia e la rapidità del nostro processo decisionale in politica estera. Sullo sfondo della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina e delle crescenti sfide internazionali che l’Ue sta affrontando, i membri del gruppo sono convinti che la politica estera dell’Ue necessiti di processi e procedure adeguati al fine di rafforzare l’Ue come attore di politica estera. Finlandia e Italia, dunque, sono le uniche due capitali che fanno parte del gruppo che non hanno firmato l’editoriale su Politico.
Per rimanere nel quadro dei trattati già in vigore, il blocco dei sette suggerisce di fare un maggiore ricorso alle ‘astensioni costruttive’ in seno al Consiglio, come già previsto dall’articolo 31 del trattato sull’Unione europea e come già sperimentato in passato. “Gli Stati membri hanno già iniziato a utilizzare questa opzione semplice ma molto efficace, che consente comunque l’approvazione di una decisione non opponendosi e quindi non impedendo agli altri 26 membri di andare avanti”, ricordano. Poi ancora propongono di mettere alla prova pratica il voto a maggioranza qualificata, dal momento che alcuni settori della politica estera dell’UE consentono già il processo decisionale a maggioranza qualificata. Infine, spingono per fare maggiore ricorso alla cosiddetta clausola passerella prevista dal trattato, con cui il Consiglio può già decidere — all’unanimità — di rendere le decisioni a maggioranza qualificata la procedura standard in particolari settori di politica estera. “Suggeriamo di esplorare questo “ponte” anche in aree ben definite all’interno della politica”, si legge. Nonostante l’insistenza sul fare maggiore ricorso al voto a maggioranza, il blocco dei sette ha precisato che “la ricerca del consenso è e rimarrà al centro del nostro DNA europeo perché vedere il mondo da angolazioni diverse ed essere aperti a compromessi costruttivi è un vantaggio”, concludono.