Bruxelles – Se l’obiettivo del presidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, è quello di stringere un’intesa pre- o post-elettorale con i conservatori europei, c’è un ostacolo che potrebbe mandare all’aria questo piano: la Polonia. Perché a Varsavia arrivano al pettine tutti i nodi di un accordo più complesso di quanto si possa pensare e le notizie da Bruxelles di queste ultime 24 ore ne offrono una dimostrazione. In vista delle elezioni legislative in programma in autunno (la data è ancora stata fissata, ma si dovrebbero svolgere non prima dell’11-12 novembre) le prospettive di uno slittamento verso destra del leader dei popolari europei si scontrano con le politiche messe in atto dal premier conservatore polacco, Mateusz Morawiecki, uno dei più stretti alleati della presidente del Partito dei Conservatori e Riformisti Europei, Giorgia Meloni.
Una rete di alleanze contrastanti difficile da sciogliere, che ha trovato una prima resa dei conti con la legge sull’influenza russa – anche definita ‘lex Tusk’. Si tratta della legge adottata lo scorso 29 maggio dal Partito Diritto e Giustizia (PiS) al governo, con cui Varsavia vuole istituire una commissione d’inchiesta speciale per indagare sull’influenza e sulla sicurezza nazionale da parte del Cremlino dal 2007 al 2022, ma che per la Commissione Europea è potenzialmente uno strumento di repressione dell’opposizione – e per questo ha attivato oggi (8 giugno) una procedura d’infrazione – prima delle elezioni politiche. E qui si complica ancora di più la rete di alleanze in cui si sta aggrovigliando Weber. Perché Tusk è non solo il leader dell’opposizione di Piattaforma Civica, ma anche l’ex-presidente del Ppe e uno dei più forti antagonisti di un’alleanza a Bruxelles con la famiglia politica che rappresenta partiti come il PiS. Scendendo in campo nel luglio del 2021, lo stesso popolare polacco aveva affermato di essere tornato alla politica nazionale perché “quando vedi il demone, lo combatti”, in riferimento a Morawiecki e al leader di Diritto e Giustizia, Jarosław Kaczyński. Se Weber vuole davvero stringere un’intesa con Meloni e il suo partito europeo, al momento si ritrova con due opzioni: o convincerla a scaricare il PiS, o rischiare una defezione dei popolari polacchi e di tutti quelli che non accettano di allearsi con chi sfida lo Stato di diritto.
Per ora il leader del Ppe non ha però molte opzioni, se non vuole compromettere l’esito delle elezioni in Polonia e il sostegno a Tusk. Ecco perché anche Weber ha firmato la lettera inviata dai presidenti dei maggiori gruppi politici al Parlamento Ue – insieme a Iratxe García Pérez (S&D), Stéphane Séjourné (Renew Europe), Terry Reintke e Philippe Lamberts (Verdi/Ale), Manon Aubry e Martin Schirdewan (La Sinistra) – per chiedere al direttore dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), Matteo Mecacci, di “svolgere una missione di osservazione elettorale su larga scala” per il prossimo appuntamento elettorale in Polonia: “Condividiamo tutti la preoccupazione che le elezioni non si svolgano secondo i più alti standard democratici“.
Al centro della richiesta compare la legge di modifica del Codice elettorale, che prevede la creazione di nuovi seggi elettorali solo nelle piccole città e nei villaggi – “aree che di solito votano per l’attuale coalizione di governo” – e introduce un “irragionevole limite di tempo di 24 ore” per il conteggio dei voti degli elettori all’estero. A questo si aggiungono i rischi per l’indipendenza dei media e della magistratura, ma soprattutto la nuova legge “con il presunto scopo di indagare sull’influenza russa”. Quello che temono tutti i leader dei gruppi politici al Parlamento Ue (fatta eccezione per i due di destra, Ecr e Identità e Democrazia) è che la commissione d’inchiesta “venga utilizzata principalmente per impedire ai membri dell’opposizione di assumere cariche se eletti“, considerato il divieto di svolgere funzioni pubbliche legate alla distribuzione di fondi pubblici per un periodo fino a dieci anni: “Una simile legislazione, se adottata, solleverebbe importanti questioni relative al rispetto del diritto di essere eletti, della libertà di espressione e della libertà di associazione” e potrebbe rappresentare “un cinico esempio di sfruttamento dell’aggressione russa contro l’Ucraina per creare un effetto raggelante su politici, media e società civile”.
La nuova procedura d’infrazione contro la Polonia
È in questo contesto che la Commissione Europea ha deciso di inviare una lettera di messa in mora alla Polonia per violazione del diritto dell’Ue (il primo passo della procedura d’infrazione), dopo una valutazione “approfondita” della legge in vigore dallo scorso 31 maggio. Le violazioni rilevate sono quelle del principio di democrazia, di legalità e irretroattività delle sanzioni, di certezza del diritto e del giudicato, di tutela giurisdizionale effettiva, di tutela del segreto professionale e infine del diritto comunitario in materia di protezione dei dati.
Più nel dettaglio la Commissione presieduta da Ursula von der Leyen ritiene che la ‘lex Tusk’ possa “interferire indebitamente con il processo democratico”, dal momento in cui le attività della nuova commissione d’inchiesta “rischiano di creare gravi danni alla reputazione dei candidati alle elezioni”. L’esecutivo comunitario ha rilevato in particolare che la definizione di ‘influenza russa’ secondo la nuova legge “è molto ampia” e che le sanzioni sono applicabili “anche a comportamenti che erano legali al momento della condotta”. Le decisioni sono poi soggette al controllo solo dei tribunali amministrativi, “che si limitano al requisito del rispetto della legge e non possono controllare la correttezza della valutazione dei fatti e della ponderazione delle prove”. Tutte rilevazioni fornite già il 31 maggio dal commissario europeo per la Giustizia, Didier Reynders, al governo polacco ma la cui risposta da Varsavia è stata ritenuta insufficiente. A questo punto la Polonia ha 21 giorni per rispondere alla lettera di costituzione in mora, in caso contrario la Commissione potrà continuare con la procedura d’infrazione, inviando un parere motivato.