Bruxelles – Anche la Lituania si aggiunge alla lista dell’anno super-elettorale europeo, insieme a Bulgaria, Estonia, Finlandia, Grecia, Polonia, Spagna e Slovacchia. Dopo le rivelazioni della stampa lituana sullo scandalo ‘spese comunali’ nella città di Kaunas, partiti di opposizione e del governo in carica stanno affrontando l’onda lunga delle conseguenze a livello nazionale. E lo scenario ormai scontato è quello di un ritorno anticipato alle urne per la Lituania, a più di un anno dalla scadenza della legislatura.
A staccare la spina al governo guidato dal dicembre 2020 da Ingrida Šimonytė è stato il leader del partito di centro-destra Unione della Patria – Democratici Cristiani Lituani e attuale ministro degli Esteri, Gabrielius Landsbergis, che ha annunciato di voler fare un passo indietro insieme a tutta la sua forza politica dalla coalizione di governo formata anche dal Movimento Liberale e dal Partito della Libertà. A scatenare la decisione di avviare la procedura parlamentare per l’indizione di elezioni anticipate sono state le dimissioni della ministra dell’Istruzione e dello Sport, Jurgita Šiugždiniene (dell’Unione della Patria – Democratici Cristiani Lituani), protagonista dello scandalo sulla mancata trasparenza nell’utilizzo dei fondi ricevuti durante il suo mandato come consigliera comunale nella città di Kaunas. Tra il 2019 e il 2020 Šiugždiniene avrebbe ricevuto una cifra pari a 13.800 euro a titolo di rimborso spese senza fornire report dettagliati e fatture. Anche i ministri della Cultura, Simonas Kairys, e delle Finanze, Gintarė Skaistė, sarebbero coinvolti nello scandalo di cui tutta la Lituania sta parlando, oltre ad esponenti dei partiti di opposizione che stanno faticando a uscirne puliti.
“Non credo che la questione possa essere risolta in altro modo se non con un reset completo dell’intero sistema“, ha commentato Landsbergis, sostenendo che la sola rimozione della ministra Šiugždiniene equivarrebbe a un “linciaggio” per lei e per il suo partito. Ecco perché di fronte alla decisione ormai irremovibile della maggiore forza al Seimas (il Parlamento monocamerale della Lituania) – che conta 50 deputati su 141 – sembra pressoché inverosimile che il Paese non torni alle urne prima della scadenza naturale della legislatura nell’ottobre 2024. La richiesta di elezioni anticipate dovrà essere approvata dal Parlamento e il partito conservatore (affiliato al Partito Popolare Europeo) ha già messo in chiaro che in caso di voto contrario tutti i suoi esponenti si dimetteranno dal governo (8 su 14, esclusa la premier indipendente Šimonytė). Al Seimas sono necessari almeno 85 voti a favore per far passare la richiesta, più di quanti ne possa contare l’attuale coalizione di governo.
In ogni caso tutto dovrà passare anche dal presidente della Lituania, Gitanas Nausėda, che sembra essere favorevole a una via d’uscita dalla crisi di governo passando dalle urne. Secondo la Costituzione nazionale, il presidente può indire elezioni anticipate “su proposta del governo, se il Seimas esprime direttamente la sfiducia nel governo“, ha precisato la premier: “Non c’è alcun segreto, se il presidente sta incoraggiando questa soluzione, può chiedere al governo di indire le elezioni anticipate, ma prima il Parlamento deve votare la sfiducia”. In alternativa Nausėda dovrà prendere atto delle dimissioni del governo e affidare un mandato esplorativo per la formazione di un governo di diverso colore, che al momento non si vede all’orizzonte.