Bruxelles – Per fare piena luce sulle responsabilità della tragedia di Cutro, dove lo scorso 26 febbraio persero la vita almeno 90 migranti, bisognerà aspettare i risultati dell’indagine aperta dalla Procura di Crotone, ma già oggi (23 maggio) i principali attori coinvolti nella vicenda hanno potuto raccontare la loro versione dei fatti al Parlamento Europeo. Il direttore esecutivo di Frontex, il capo della centrale operativa nazionale della Guardia costiera italiana e il capomissione di Medici Senza Frontiere sono stati convocati per un’audizione urgente alla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) dell’Eurocamera, per un serrato dibattito sulla gestione delle operazioni di ricerca e soccorso di quella drammatica notte.
“Se oggi avessimo avuto le stesse informazioni che avevamo allora, ci saremmo comportati esattamente nello stesso modo“, ha dichiarato con convinzione Hans Leijtens, numero uno dell’Agenzia europea della Guardia Frontiera e Costiera. Il direttore esecutivo ha riavvolto la pellicola fino alle “tarde ore di sabato” 25 febbraio, quando uno degli aeroplani di Frontex individuò per la prima volta un’imbarcazione dirigersi verso le coste italiane e, attraverso telecamere termiche, riuscì a riconoscere la presenza di persone sotto coperta. “Nonostante non ci fossero segnali evidenti di pericolo”, Frontex avrebbe fornito immediatamente le coordinate della barca, la sua rotta e la velocità di navigazione – oltre alle foto aeree- al Centro di coordinamento internazionale e alle “autorità italiane rilevanti”: la Guardia di Finanza e la Guardia Costiera, attraverso il Centro nazionale di coordinamento (Cnc) e il Centro di coordinamento per il salvataggio marittimo (Mrcc).
Qui sorge il primo interrogativo: perché Frontex non ha ritenuto opportuno informare tutte le imbarcazioni presenti nella zona? I motivi indicati da Leijtens sono essenzialmente due. Una prima ragione è operativa: per chiamare qualsiasi nave all’azione è necessario un Mayday (una esplicita richiesta di soccorso dall’imbarcazione in pericolo), che il caicco dove erano stipati gli oltre 180 migranti non ha mai lanciato. La seconda è più strategica: depo 25 bonus 25 secondo Leijtens infatti convogliare tutte le navi in uno specifico punto significa lasciare scoperti altri tratti di mare, facendo il gioco dei trafficanti che troverebbero poi la rotta libera per nuove partenze.
Una volta lanciata l’informazione, Frontex ha continuato a sorvolare la zona fino all’esaurimento del carburante, che ha costretto il velivolo a tornare alla base. A quel punto, l’operazione è stata presa in mano dalle autorità italiane. Dal racconto di Gianluca d’Agostino, comandante della Guardia Costiera italiana, che quella notte “ha visto le immagini di Frontex in diretta streaming”, l’imbarcazione “navigava regolarmente con mare moderato”. Non solo, la sua “rotta costante” non poteva che “implicare la presenza al timone di qualcuno che sa portare una barca”. Ma la possibile presenza di persone sotto coperta non avrebbe dovuto innescare l’avvio di un’operazione di soccorso, anziché l’invio di due motovedette della Guardia di Finanza? Secondo il capo della centrale operativa “una risposta termica” può significare molte altre cose oltre alla presenza umana. “In quel caso c’era solo una persona che si vedeva in coperta”, ha dichiarato d’Agostino.
Msf su Cutro e contro il decreto Ong
Insomma, non sarebbero sussistite le condizioni per lanciare un’operazione Sar. È vero però che le motovedette della Guardia di Finanza sono rientrate in porto per il peggioramento del meteo, a quel punto forse qualcosa sarebbe dovuto cambiare. Ma sarà la procura di Crotone a fare chiarezza. Chi è convinto che, al di là dell’ennesima tragedia, è il sistema di ricerca e salvataggio a non funzionare è Juan Matias Gil, capomissione di Medici Senza Frontiere. “Non è un incidente singolo, ma una costante: le organizzazioni come la nostra colmano le lacune lasciate aperte dai governi nazionali, ma siamo diffamati e criminalizzati”, ha denunciato con fermezza Gil, puntando il dito contro il decreto Ong emanato dal ministro dell’Interno italiano, Matteo Piantedosi. Secondo l’operatore di Msf “prima del decreto salvavamo 300 persone in ogni missione, ora il 40 per cento in meno“.
La supplica di Gil è di essere considerati nuovamente una risorsa, come “nel 2015 e nel 2016”. Che significa scambio di informazioni di emergenza, coordinamento anche con tutte le navi che potrebbero aiutare. “I centri di coordinamento spesso non lo fanno”, ha denunciato ancora Gil. Al capomissione Msf ha risposto direttamente il comandante d’Agostino, con un’ammissione che sbugiarda l’accanimento dell’esecutivo italiano contro le navi umanitarie: “È sicuramente un valore aggiunto avere le ong in mare, perché i soccorsi li hanno sempre fatti, il fatto è che devono comprendere che queste attività vanno eseguite in un quadro giuridico chiaro e definito”.