Bruxelles – L’organismo etico indipendente comune a tutte le istituzioni europee rischia di nascere già amputato di una prerogativa fondamentale. Come avrebbe confermato la vicepresidente della Commissione Ue incaricata di formulare la proposta, Věra Jourová, ai leader dei gruppi politici dell’Eurocamera lo scorso 4 maggio, il Comitato etico interistituzionale non avrà il potere di avviare indagini autonome per vigilare sulla condotta della classe politica europea.
Secondo quanto emerge da un documento riassuntivo dell’incontro a porte chiuse, preparato dal gruppo S&D e visionato da Eunews, Jourová avrebbe spiegato che “sarebbe necessaria una modifica dei Trattati per conferire poteri investigativi all’organismo“, eventualità per ora da escludere. Ma, aldilà dell’ostacolo normativo, non tutti sono d’accordo con l’idea di concedere al Comitato etico interistituzionale la facoltà di aprire inchieste, né tra le nove istituzioni europee coinvolte, né all’interno dello stesso Parlamento Ue. Al vertice con la presidente Roberta Metsola e la commissaria Jourová sarebbe stato in particolare l’eurodeputato Sven Simon, in rappresentanza del Partito Popolare Europeo (Ppe), a mettersi di traverso e dissentire “da molte disposizioni delle risoluzioni dell’Eurocamera sull’organo etico, in particolare contestando i poteri investigativi nei confronti dei deputati”. Niente di nuovo, perché già nel 2021 l’Aula di Bruxelles aveva invocato l’istituzione di un organismo investito di tale autorità, senza l’appoggio del Ppe.
Questa volta però si sarebbero impuntati anche Nicola Procaccini (Fratelli d’Italia) e Marco Zanni (Lega), rispettivamente leader del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) e di Identità e Democrazia (Id). I due eurodeputati italiani avrebbero espresso preoccupazione per l’eventuale violazione del principio della separazione dei poteri tra le istituzioni che verrebbe a configurarsi: “L’indipendenza del mandato del deputato europeo deve essere preservata”, avrebbe sottolineato Procaccini a Jourová, mentre Zanni avrebbe cercato di ridimensionare l’azione necessaria per evitare nuovi Qatargate, chiedendo “di applicare pienamente le regole attuali prima di affrettarsi a prendere qualsiasi nuova decisione”.
La sinistra dell’Eurocamera vuole più poteri per il Comitato etico
Ugualmente compatto ma orientato al parere opposto il fronte progressista dell’Eurocamera, guidato dalla vicepresidente dei Socialisti e Democratici (S&D), Rovana Plumb, dell’idea che un organo istituito per vigilare sul rispetto degli standard etici da parte delle istituzioni Ue non possa avere solamente poteri consultivi. Manon Aubry (La Sinistra), Philippe Lamberts (Verdi/Ale) e Stephane Séjourné (Renew Europe) avrebbero messo sul tavolo i timori dei rispettivi gruppi sulla mancanza di ambizione della proposta dell’esecutivo Ue, che “rischia di non soddisfare le aspettative del Parlamento Europeo”. La co-presidente del gruppo della Sinistra avrebbe chiesto inoltre che il nuovo organismo venga dotato non solo di poteri investigativi, ma anche sanzionatori.
Ai gruppi di sinistra che la incalzavano per il colpevole ritardo con cui la Commissione sta finalizzando una proposta di lunga data, Jourová avrebbe spiegato che i tempi si sono dilatati a causa della “natura estremamente delicata della questione e la necessità di consultazioni preventive con nove istituzioni”. Nei piani della commissaria ci sarebbe un organismo composto da membri di tutte le istituzioni e da alcune figure indipendenti, che applicherà un “approccio differenziato”, fornendo un quadro generale di standard etici comune e regole interne specifiche per ogni istituzione.
Dopo la presentazione della proposta, inizialmente prevista per il mese di marzo ma ora rimandata a fine maggio, la Commissione Ue convocherà un vertice a livello di presidenti o vicepresidenti delle istituzioni per “avviare i negoziati in vista del raggiungimento di un accordo entro la fine dell’anno“. Che significa che siamo solo all’inizio, ma la fermezza e la determinazione che aveva caratterizzato gli appelli all’integrità delle istituzioni Ue solo qualche mese fa, all’indomani dello scoppio del Qatargate, potrebbero aver già perso il vigore necessario a istituire la tanto invocata “cultura della trasparenza”.