Bruxelles – Un nuovo “faro digitale in Europa”, in cui risiedono le speranze di rendere l’Unione uno dei più grandi produttori al mondo di semiconduttori. “Dal 2026 a Dresda si produrranno semiconduttori su larga scala, la regione può contare su oltre mille posti di lavoro a prova di futuro”, è l’annuncio della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, nel cuore della Silicon Saxony (il quinto polo tecnologico al mondo di microelettronica, situato nel Land tedesco della Sassonia), durante la cerimonia di posa della prima pietra di un nuovo stabilimento di semiconduttori di Infineon Technologies AG. Un momento decisivo per gli sforzi di Bruxelles nel concretizzare le ambizioni per la doppia transizione digitale e verde del futuro.
Quella annunciata oggi (2 maggio) è una notizia “estremamente importante per l’Europa”, in particolare per gli sforzi nel raggiungere l’agognata autonomia strategica nel settore digitale e delle tecnologie verdi. I microchip sono piccoli dispositivi composti da semiconduttori (materiali in grado di consentire o bloccare il passaggio di elettricità), che possono memorizzare grandi quantità di informazioni: sono presenti in “automobili, smartphone e dispositivi elettronici di ogni tipo”, ma anche in tutti quegli strumenti necessari “per la fornitura di energia elettrica, nelle turbine eoliche, nei treni ad alta velocità e negli enormi centri dati”. In altre parole, semiconduttori e microchip “sono una componente indispensabile per il futuro sostenibile e digitale dell’Europa“, ha messo in chiaro von der Leyen.
Tutto parte dalla consapevolezza ormai innegabile che il continente non può più commettere gli errori del passato e legarsi a contesti geopolitici instabili. “L’Europa ha sviluppato le sue competenze nella ricerca e nello sviluppo e nelle applicazioni industriali”, ma ha tralasciato le catene di approvvigionamento dei beni e delle tecnologie più importanti”, come i semiconduttori, “senza cui tutto si fermerebbe”, è l’avvertimento di von der Leyen. In questo momento “il centro mondiale dei semiconduttori è costituito da Taiwan e dalla Corea del Sud”, una regione in cui le tensioni “potrebbero esplodere in qualsiasi momento”, come dimostrano le tensioni crescenti tra Cina e Taiwan: “La minima interruzione degli scambi commerciali colpirebbe immediatamente la solida base industriale europea e il nostro Mercato interno”.
L’impegno Ue per la produzione di semiconduttori
Per tutte queste ragioni a Bruxelles e nelle 27 capitali si sta lavorando per rendere la produzione su larga scala di semiconduttori una realtà. La base di partenza è l’European Chips Act – la legislazione comunitaria che affronta la carenza di questa produzione sul territorio dell’Unione – su cui è stato raggiunto l’accordo tra i co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue lo scorso 18 aprile. L’obiettivo del Chips Act è il raddoppio della quota europea della produzione globale entro il 2030, “portandola al 20 per cento”, ovvero “quadruplicare la nostra attuale capacità”, dal momento in cui lo stesso mercato dei semiconduttori è destinato a raddoppiare: “Per l’European Chips Act l’Ue e gli Stati membri stanno spendendo fino a 43 miliardi di euro“. Una legislazione il cui successo si baserà sulla collaborazione tra istituzioni e industrie, come nel caso della Germania e Infineon, perché “offre certezza di pianificazione alle aziende e ai fornitori di semiconduttori che desiderano investire in siti in Europa”, assicura von der Leyen.
La certezza arriva dagli esempi positivi degli ultimi mesi, a partire dai finanziamenti del Recovery Fund che “stanno già contribuendo alla costruzione di chip innovativi e ad alta efficienza energetica”, mentre la revisione della politica di aiuti di Stato “sta dando i primi segni di successo con le fabbriche di chip all’avanguardia a Catania, in Sicilia, e a Crolles, vicino a Grenoble“, ha rivendicato la numero uno dell’esecutivo comunitario. La ciliegina sulla torta è proprio Dresda, dove si è concretizzato “il più grande investimento singolo nella storia” di Infineon Technologies AG. La Silicon Saxony dimostra che “possiamo avere successo se rafforziamo i nostri punti di forza”, ma allo stesso tempo è necessario un “duro lavoro” per garantire all’Unione l’accesso alle materie prime “necessarie per l’economia di domani”. Il riferimento di von der Leyen è al Critical Raw Materials Act, la legge Ue sulle materie prime critiche che affronta i rischi attuali della dipendenza dall’Asia: “I metalli di silicio sono la materia prima più utilizzata nella produzione di chip” e “la Cina, che ne rappresenta il 76 per cento, domina la produzione globale”. Una dipendenza del genere “è un rischio”, ha avvertito von der Leyen, proprio nel cuore di quello che dovrebbe diventare uno dei maggiori distretti di semiconduttori al mondo.