I viaggi in Cina dei leader dell’Ue per parlare con Xi Jinping sono serviti a qualcosa. La grande preoccupazione che l’occidente ha da alcuni mesi è che la Russia possa pensare di utilizzare l’arma nucleare. Finché la guerra, pur tragica, continua con armi terribili sì, ma sostanzialmente “tradizionali” la si può controllare, e se ne possono controllare le conseguenze giorno per giorno. Ma l’uso dell’arma atomica, evidentemente, cambierebbe tutto.
Il timore che un Vladimir Putin frustrato per gli evidenti insuccessi della sua guerra in Ucraina, che vede crescere l’insoddisfazione tra i suoi cittadini e, forse per lui soprattutto, tra i magnati suoi sostenitori, possa davvero forzare la mano ed usare l’arma atomica ci sono. Non tanto per le, ripetute, minacce di Dimitrij Medvedev, che svolge il ruolo di quello che ama alzare i toni, ma la cui credibilità è tutta da discutere, quanto perché Putin di atomiche ne ha e potrebbe decidere di usarle.
Le ultime missioni europee in Cina (Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron, Pedro Sanchez) avevano tra i principali scopi proprio questo: convincere i cinesi, in particolare il presidente Xi Jinping, a fare decise pressioni su Putin perché scarti l’uso dell’arma nucleare e a parlare con il presidente ucraino. Molto altro non si poteva chiedere a Pechino, che non vede con favore la guerra in corso, ma che è ben felice di crearsi un vassallo a Mosca, così vicino all’Unione europea (con la quale si è bruciato quasi tutti i ponti). La differenza di potenza economica tra Cina e Russia è enorme, parliamo di un qualcosa di dieci volte più grande in tempi normali, in tempi di guerra il divario non può che essere aumentato. Per Pechino è facile, anche perché è specialista in questo, prendere il controllo di Mosca lavorando sui cordoni della borsa.
Senza la pace, o per lo meno senza una guerra il più possibile localizzata e controllata, il progetto espansionista di Pechino sarebbe in grande difficoltà, data l’instabilità globale che sta creando. Xi ha visto i possibili vantaggi di questa guerra, che comunque non ama, ma sa che il profilo non deve salire più di quanto sia già salito. Anche perché il rischio di un coinvolgimento è dietro l’angolo.
Su questo ha giocato l’Unione europea: tentando di difendere le proprie relazioni economiche con la Cina, tentando di non farsi soffocare, ha contemporaneamente chiesto a Pechino di fare pressioni su Mosca per sventare la minaccia nucleare.
La telefonata odierna di Xi a Volodymir Zelenski è servita a far uscire questo messaggio (perché parlare di arma nucleare a uno che non ce l’ha non avrebbe senso) e le parole erano dirette a Mosca (ma forse erano già state rivolte a Putin) e all’occidente, per far sapere che l’intervento c’è stato. “Il dialogo e la negoziazione sono l’unica via d’uscita praticabile”, ha detto il presidente cinese secondo un resoconto cinese, aggiungendo che “non ci sono vincitori in una guerra nucleare”. Xi ha insistito poi che nella questione nucleare, “tutte le parti interessate dovrebbero rimanere calme e sobrie, concentrarsi veramente sul futuro e sul destino di sé stesse e di tutta l’umanità, e gestire e controllare congiuntamente la crisi”.
Una serie di viaggi a Pechino non inutili dunque.