Bruxelles – Era il più atteso, se non di tutta la legislazione Ue in campo industriale fino al momento della presentazione del Net-Zero Industry Act lo scorso mese, sicuramente in ambito digitale e tecnologico. Si è chiuso in 59 giorni l’accordo tra il Parlamento e il Consiglio dell’Ue sull’European Chips Act, la legislazione comunitaria che affronterà la carenza di semiconduttori sul territorio dell’Unione. Un’intesa che, benché provvisoria (manca il passaggio di approvazione da parte di entrambi i co-legislatori), è considerata il punto di partenza per rendere l’Unione “una potenza industriale nei mercati del futuro, in un contesto geopolitico di riduzione del rischio”, come l’ha definita il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton: “Padroneggiando i semiconduttori più avanzati, l’Europa sta prendendo in mano il proprio destino”.
I triloghi sull’European Chips Act erano iniziati lo scorso 28 febbraio, a poco più di un anno dalla presentazione della proposta della Commissione Europea. Al centro di una delle legislazioni industriali più delicate degli ultimi anni ci sono i chip, piccoli dispositivi composti da semiconduttori (materiali in grado di consentire o bloccare il passaggio di elettricità), che possono memorizzare grandi quantità di informazioni. Si tratta di componenti essenziali per un’ampia gamma di prodotti: carte di credito, automobili, smartphone, sistemi di intelligenza artificiale, reti 5G e Internet of things. La crisi dei semiconduttori che ha colpito lo scorso anno il continente ha dimostrato il rapporto sbilanciato tra l’importanza dei semiconduttori per l’industria europea e il bisogno quasi vitale di importare microchip dall’estero, in particolare dall’Asia.
Ecco perché l’European Chips Act mira a ridurre le vulnerabilità dell’Ue e a rafforzare la base industriale europea. Nessuna sorpresa per quanto riguarda gli obiettivi: si dovrà raddoppiare la quota di mercato globale dell’Ue nel settore dei semiconduttori entro il 2030, dal 10 ad almeno il 20 per cento. Che, in altri termini, equivale in realtà a quadruplicare la produzione dei microchip, dal momento in cui il settore è destinato a raddoppiare esso stesso nel prossimo decennio.
I tre pilastri dell’European Chips Act
Sul piano dell’architettura finanziaria l’European Chips Act mobiliterà 43 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati, di cui 3,3 miliardi dal bilancio dell’Ue, concentrandosi su tre pilastri fondamentali. Il primo è Chips for Europe, l’iniziativa che metterà in comune le risorse dell’Unione, degli Stati membri, del settore privato e dei Paesi terzi associati ai programmi esistenti Ue per sostenere lo sviluppo di capacità tecnologiche e le relative attività di ricerca e innovazione. Su questo punto sarà creato un nuovo obiettivo per i semiconduttori nell’ambito del Programma Europa Digitale (da 3,3 miliardi di euro, appunto, nei limiti dell’accordo sul Quadro finanziario pluriennale, aggiungendosi alle risorse già stanziate anche dallo Strumento per la ripresa e la resilienza). Il coordinamento arriverà dal partenariato pubblico-privato Chips Joint Undertaking, che sarà responsabile della selezione dei centri di eccellenza nell’ambito del suo programma di lavoro.
Il secondo pilastro dell’European Chips Act è il nuovo quadro per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la resilienza, attirando maggiori investimenti. Il compromesso finale amplia il campo di applicazione dei cosiddetti impianti ‘primi nel loro genere’ – includendo quelli che producono apparecchiature utilizzate nella produzione di semiconduttori – che possono beneficiare di procedure accelerate per la concessione dei permessi. A questo si aggiunge il fatto che i centri di progettazione che migliorano “in modo significativo” le capacità dell’Unione nella progettazione di chip innovativi possono ricevere il marchio europeo di centro di progettazione di eccellenza, con misure di sostegno che possono arrivare dai Paesi membri.
Il terzo pilastro dell’European Chips Act è invece il meccanismo per monitorare la catena di fornitura dei semiconduttori e coordinare le azioni in situazioni di crisi, attraverso cui gli indicatori di allerta precoce negli Stati membri saranno utilizzati per attivare un allarme di carenza a livello europeo. La Commissione potrà così attuare misure di emergenza, come dare priorità alla fornitura di prodotti particolarmente colpiti da una carenza o effettuare acquisti comuni per gli Stati membri.