Bruxelles – Si attiva la Commissione Europea per controllare che lo stato di emergenza sulla questione della gestione delle persone migranti sul territorio italiano, decretata ieri (11 aprile) dal Consiglio dei ministri, non ponga criticità al sistema di asilo e alle regole comunitarie. È quanto fanno sapere alla stampa di Bruxelles i portavoce dello stesso esecutivo comunitario, che parlano di “stretto contatto con Roma” su una questione che, nonostante rimanga di competenza nazionale, deve essere “esaminata puntualmente nei suoi dettagli e nelle sue misure, prima di ulteriori commenti”.
Secondo quanto risulta alla Commissione Ue, la decisione dovrebbe essere stata “motivata dalla situazione particolarmente difficile della migrazione, che l’Italia si trova ad affrontare”, ha spiegato oggi (12 aprile) la portavoce responsabile per gli Affari interni e la migrazione, Anitta Hipper, durante il punto quotidiano con la stampa. Il confronto tra Bruxelles e Roma parte proprio dalla “discussione sulle sfide migratorie e anche per verificare cosa comporti lo stato di emergenza”. Ma nel frattempo il governo Meloni ha anche “richiesto un sostegno finanziario” all’esecutivo Ue “per far fronte al recente e significativo aumento degli arrivi in mare e, in particolare, alla situazione critica dell’hotspot di Lampedusa“. Lo stesso hotspot dove, secondo una sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu), quattro cittadini tunisini sarebbero stati privati della libertà e vittime di un’espulsione collettiva di persone migranti dal centro.
Da parte della Commissione comunque viene sottolineato che esiste già un “supporto operativo concreto” ritagliato appositamente per l’Italia, a partire dalla task force regionale di Catania, un “meccanismo di coordinamento dedicato”. A questi si sommano agenzie Ue sul campo, da Frontex a Europol, “oltre a membri del personale della Commissione con sede permanente a Roma”, ma soprattutto il supporto finanziario: “È uno dei principali Paesi beneficiari dei fondi Amif [Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione, ndr]”, ha precisato la portavoce Hipper. Nel budget pluriennale Ue 2021-2027 per l’Italia è previsto uno stanziamento di mezzo miliardo da questo fondo (512 milioni su 981 disponibili, tra fondi Ue e nazionali), il quarto Paese dopo Germania, Francia e Spagna.
A questo poi si aggiunge il meccanismo di solidarietà volontario del giugno 2022, a cui aderiscono 19 Paesi membri e quattro Stati associati all’area Schengen. Dalla sua istituzione sono stati portati a termine “884 ricollocamenti in totale, dall’Italia 512”, ha reso noto la stessa portavoce. Erano 524 – di cui 397 dall’Italia – il 20 marzo, secondo quanto aveva precisato la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, nella sua lettera ai 27 leader Ue prima dell’ultimo Consiglio Europeo. “È stata riconosciuta la necessità di accelerare questi ricollocamenti per avere procedure più rapide”, ha aggiunto Hipper, sottolineando che “questo meccanismo è stato implementato e stiamo valutando la possibilità di accelerarlo ulteriormente“.
Cosa prevede lo stato di emergenza
La dichiarazione sullo stato di emergenza deliberata in Consiglio dei ministri è stata presentata del ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, e prevede la sua applicazione “sull’intero territorio nazionale, per sei mesi“, per fronteggiare “l’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti in ingresso sul territorio nazionale attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo”, si legge nel comunicato del governo. Per l’attuazione degli “interventi maggiormente urgenti” è previsto un primo stanziamento di cinque milioni di euro dal Fondo per le emergenze nazionali. Il governo presieduto da Giorgia Meloni ha evidenziato la “necessità di provvedere con urgenza all’attuazione di misure straordinarie per decongestionare l’hotspot di Lampedusa e per realizzare nuove strutture”, sia per l’accoglienza sia per riconoscimento e rimpatrio di persone migranti.
Secondo i dati presentati dal ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, dall’inizio dell’anno sarebbero 31.200 le persone arrivate sul territorio nazionale, un incremento del 300 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La linea del governo è quella di prevedere almeno un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) in ogni regione. Tra il 18 e 20 aprile il provvedimento dovrebbe arrivare in Senato e tra gli emendamenti che potrebbero essere approvati ci sarebbe anche un dimezzamento dei tempi di verifica per il rinnovo della protezione speciale, da quattro a due anni. Anche i tempi di permanenza all’interno dei Centri per i rimpatri dovrebbero subire variazioni, così come quelli per il riconoscimento della protezione internazionale e i provvedimenti di accompagnamento alla frontiera.