Bruxelles – Troppa sanità privata e troppo poca sanità pubblica fa male alle salute. Carenza di personale, prevenzione, informazione e strutture adeguate determinano la prescrizione ‘facile’ di antibiotici, con l’uso errato che ne deriva e il conseguente problema della resistenza a questo tipo di medicinali. Il centro studi del Parlamento europeo in uno studio di fresca pubblicazione a sostegno dei lavori degli eurodeputati, inchioda i governi nazionali alle loro scelte. “La resistenza antimicrobica colpisce le regioni dell’Ue in modo molto diverso”. In questo quadro variegato “il carico complessivo delle infezioni da resistenza antimicrobica è più elevato nell’Europa meridionale e orientale, in particolare in Grecia, Italia e Romania, ed è fortemente correlato alla riduzione della spesa pubblica per un’assistenza sanitaria pubblica di buona qualità”.
L’Europa accende dunque i riflettori sul sistema sanitario nazionale, e offre un’indicazione chiara al governo Meloni. Perché oltre alle ricadute in termini umani, stimate in circa 35mila morti all’anno nell’Ue, ci sono quelle economica. Qui l’impatto della resistenza antimicrobica (antibiotici, antivirali, antimicotici e antiprotozoici) di traduce in un aumento della spesa sanitaria e un onere economico superiore a 1,1 miliardi di euro all’anno. Qualcosa che un Paese come l’Italia, con il secondo debito pubblico più alto dell’Unione europea non può permettersi”.
L’Italia e i Paesi come l’Italia hanno dunque bisogno di un cambio di rotta. Niente tagli alla sanità pubblica, quanto, semmai, maggiore spesa. “La mancanza di diagnostica e di infrastrutture spesso costringe a prescrizioni preventive di antimicrobici, aumentando l’uso e l’abuso di antimicrobici”, si sottolinea nello studio. Che cita dati e suggerimenti dell’Ocse. “Investire solo 1,5 euro pro capite all’anno in un pacchetto di politiche per contrastare la resistenza antimicrobica è efficace e consente di risparmiare sui costi, evitando 27mila decessi e risparmiando 1,4 miliardi di euro”.
La politica dunque è avvisata. Rilanciare le politiche per la sanità, che non vuol dire ‘privati’. Perché se da una parte si ribadisce una volta di più che “il sottoinvestimento in un’assistenza sanitaria di buona qualità è uno dei principali motori della resistenza antimicrobica”, dall’altra parte si chiarisce che “affrontare i determinanti socioeconomici della salute – come ridurre la povertà generale e la disuguaglianza economica, garantire standard di vita, istruzione e salute di base – è fondamentale per ridurre il carico di infezione e la diffusione della resistenza antimicrobica”.