Bruxelles – Il petrolio russo è più presente di quello si potrebbe credere. Il Cremlino avrebbe trovato il modo di aggirare le sanzioni dell’Unione europea, riuscendo a piazzare all’interno del mercato unico il greggio bandito dal 5 dicembre 2022. Una pratica che si consumerebbe nello stretto di Gibilterra, in acque internazionali, con navi che si fermerebbero a scambiarsi il carico. Il meccanismo sarebbe opera di Paesi terzi che, acquistando il greggio russo e miscelandolo con petrolio di propria produzione, lo venderebbero come prodotto di origine nazionale all’Europa.
Una breccia nella politica di risposta all’aggressione russa dell’Ucraina che produce inquietudini in Parlamento europeo, dove ben due interrogazioni parlamentari in materia sono state rivolte alla Commissione, una a firma Lega, e l‘altra sollevata dagli europarlamentari catalani. Richieste di chiarimenti a cui l’esecutivo comunitario non riesce però a fornire rassicurazioni.
La commissaria per i Servizi e i mercati finanziari, Mairead McGuinness, riconosce dell’esistenza del problema. “La Commissione è a conoscenza delle attività che coinvolgono il petrolio russo nello Stretto di Gibilterra vicino a Ceuta, in particolare dell’aumento dei trasferimenti da nave a nave effettuati in acque internazionali”. Ma al momento sembra si possa fare poco. “La Commissione sta monitorando da vicino l’elusione delle sanzioni dell’Ue, poiché le navi trasferiscono petrolio in mare più volte per nasconderne l’origine e si tenta di mascherare i loro movimenti disattivando i localizzatori satellitari o trasmettendo coordinate false”.
La risposta fornita dunque sembra confermare l’aggiramento delle sanzioni a dodici stelle. Come Ue “si sta lavorando a stretto contatto con le autorità nazionali competenti per affrontare i rischi di elusione, anche con le autorità portuali”, ma se tutto avviene in acque internazionali c’è il rischio che questa attività possa servire a poco. Come provare che le navi che fanno porto contengono petrolio russo? “La Commissione si rivolge anche ai paesi terzi per aumentare i rischi di elusione, in particolare con il sostegno dell’inviato dell’Ue per le sanzioni”. Un’altra risposta che suona di ammissione di difficoltà.