Bruxelles – Basterebbe il detto “due indizi fanno una prova” per valutare l’operato delle autorità libiche nei confronti delle persone migranti, se non fosse che, a ben vedere, negli anni di indizi e prove se ne sono accumulate molte di più. Ma, dopo l’episodio del 25 marzo, in cui una motovedetta libica ha minacciato sparando in aria e in acqua la nave Ocean Viking della ong Sos Méditerranée e un gommone carico di migranti, l’ultimo rapporto pubblicato dalla Indipendent Fact-Finding Mission (Ffm) dell’Onu è un monito esplicito che arriva dritto a Bruxelles. Che per ora rigetta le accuse.
La delegazione delle Nazioni Unite in Libia non usa giri di parole e “ritiene che l’Unione Europea e i suoi Stati membri, direttamente o indirettamente, abbiano fornito supporto monetario e tecnico e attrezzature, quali imbarcazioni, alla Guardia Costiera libica e al Direttorato per Lotta alla migrazione illegale, che è stato utilizzato nel contesto dell’intercettazione e della detenzione di migranti“. L’accusa, viene evidenziato nel rapporto, è formulata “sulla base di prove sostanziali”.
I più di 100 migranti che hanno risposto alle domande del Ffm costituirebbero una “prova schiacciante” di torture sistematiche, messe in atto dalle autorità a capo dei centri di detenzione, i “lager” libici, tra cui figurano anche il Direttorato per la Lotta alla migrazione illegale e la Guardia Costiera libica. Violazioni dei diritti umani che vanno a braccetto con l’arricchimento degli aguzzini: il rapporto sottolinea infatti come “lo sfruttamento su vasta scala dei migranti” abbia generato “entrate significative per individui, gruppi e istituzioni statali”.
Un “affare redditizio”, a cui però l’Unione europea è sicura di non avere partecipato, neanche in modo inconsapevole. “Non siamo d’accordo con questa valutazione”, ha commentato Eric Mamer, il portavoce capo della Commissione europea. Supportato da Peter Stano, portavoce del Servizio europeo di Azione Esterna, che ha rivendicato con orgoglio alcuni dei risultati ottenuti da diversi attori internazionali in Libia grazie ai finanziamenti di Bruxelles: “5.500 rifugiati evacuati dall’Unhcr, più di 60 mila rimpatri volontari assistiti” in cooperazione con l’Iom. “Qui è dove finiscono i nostri soldi, noi non finanziamo direttamente nessun’entità libica“, ha dichiarato Stano.
Le motovedette della guardia costiera libica, donate dall’Ue per intercettare i migranti
Ma che dire dei video pubblicati da Sos Mediterranée, grazie ai quali è stato possibile riconoscere che l’imbarcazione da cui la guardia costiera libica ha minacciato il gommone carico di persone migranti è proprio la motovedetta 656, donata alla Libia dall’Italia nel 2017? Il programma in questione, attuato dal ministero degli Interni italiano, ha permesso di formare 142 membri della cosiddetta guardia costiera libica e di equipaggiarla con 6 motovedette, rinnovate e restituite alla Libia dall’Italia.
“Le imbarcazioni donate con questo programma hanno partecipato anche a operazioni di ricerca e salvataggio”, è il commento imbarazzato che arriva dall’esecutivo comunitario, con Peter Stano che non può fare altro che sottolineare che “la Libia è un Paese ancora in conflitto, che non permette sempre un approccio facile e ideale” e che, in definitiva, “scegliere di non fare niente non può essere la risposta”.
Il problema è che la missione del Ffm, e diversi altri rapporti già negli anni passati, ha riscontrato “fondati motivi per ritenere che il personale di alto rango della Guardia costiera libica sia colluso con trafficanti e contrabbandieri, che sarebbero collegati a gruppi di milizie, nel contesto dell’intercettazione e della privazione della libertà dei migranti”. L’Europa non vede, o fa finta di non vedere, perché se la tragedia di Cutro poteva ancora rientrare nella dimensione dell’errore e della mancanza di coordinamento, sparare deliberatamente a un gommone carico di passeggeri in difficoltà è ben altro, e il rapporto della delegazione Onu suona come una sentenza.
Contro la strategia della “cooperazione con i Paesi d’origine e di transito” e della “prevenzione delle partenze”, l’Ue potrebbe cogliere l’invito del Ffm a “rispettare il principio consuetudinario del diritto internazionale di non respingimento e cessare ogni sostegno diretto e indiretto agli attori libici coinvolti in crimini contro l’umanità e gravi violazioni dei diritti umani contro i migranti”.