Bruxelles – L’Italia chiama l’Europa in soccorso alla Tunisia. Per Tunisi, ma anche per se stessa e per Bruxelles. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva chiesto con forza che si affrontasse il tema con gli omologhi europei, e così è stato: al Consiglio Affari esteri, i 27 hanno risposto allo stimolo pervenuto da Roma e discusso sulle azioni da intraprendere per scongiurare una “nuova Libia”. La più immediata, un’imminente visita a Tunisi del commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni.
Il Paese della rivoluzione dei gelsomini, che nel 2011 rovesciò il regime di Ben Ali, è una pentola a pressione sull’orlo di esplodere: all’instabilità politica, con il presidente Kais Saied che cerca di imprimere una svolta autoritaria e le opposizioni che lo contestano ferocemente, si sommano una crisi economica cronica e le sue conseguenze sociali. In Tunisia scarseggiano i beni di prima necessità come burro, latte e zucchero, l’inflazione è galoppante, così come il tasso di disoccupazione. A preoccupare Roma e Bruxelles, sono soprattutto le ricadute che questa situazione rischia di avere sulle partenze di persone migranti verso le coste italiane.
Ricadute già presenti: secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex), tra gennaio e febbraio la rotta del Mediterraneo centrale è stata la “più attiva”, con quasi 12 mila attraversamenti irregolari delle frontiere europee. Complessivamente il doppio rispetto a un anno fa. Dai dati del Viminale, risulta che almeno 12 083 persone sono partite dalle coste tunisine da inizio anno fino a metà marzo, con un’impennata del 788 per cento rispetto ai 1360 arrivi nello stesso periodo dell’anno precedente.
Come se non bastasse, lo scorso 21 febbraio il presidente Saied ha puntato il dito contro contro le “orde di migranti irregolari provenienti dall’Africa subsahariana”, che starebbero portando in Tunisia “la violenza, i crimini e i comportamenti inaccettabili che ne sono derivati”. Il capro espiatorio utilizzato da Saied, che ha parlato di un disegno criminale per “cambiare la composizione demografica” del Paese, ha generato un’ondata di violenze contro i migranti subsahariani, che verosimilmente innescherà nuove e immediate partenze verso l’Europa.
Per evitare il collasso economico e sociale, già in ottobre il governo di Tunisi aveva raggiunto un accordo con il Fondo Monetario Internazionale per un prestito da 1,9 miliardi in 48 mesi attraverso l’Extended Fund Facility. In cambio, Saied si era impegnato ad attuare una serie di riforme: un vero piano “lacrime e sangue”, il cui annuncio ha causato manifestazioni di piazza, forti repressioni governative e, in definitiva, il congelamento delle riforme. All’immobilismo del presidente tunisino, l’Fmi ha risposto con il blocco dell’erogazione del prestito, fino quando non riceverà segnali incoraggianti da Tunisi.
Tajani chiede tempi rapidi per finanziare la Tunisia
La temporanea chiusura dei rubinetti da parte dell’Fmi ha preoccupato ulteriormente Bruxelles, con Tajani che ha chiesto “tempi rapidi per finanziare un Paese che vive un momento economico molto difficile”. Oltre al rischio di una “nuova pressione migratoria, perché la frontiera tra Libia e Tunisia è sempre più fragile”, il ministro degli Esteri italiano ha evocato lo spauracchio dell’estremismo islamico, che in caso di collasso dello Stato potrebbe “riapparire in Nord Africa”. Per Tajani il supporto a Tunisi deve arrivare su diversi livelli: se l’Italia “fornirà circa 110 milioni di euro al bilancio e alle piccole e medie imprese della Tunisia attraverso l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics)”, anche l’Europa e il Fondo Monetario Internazionale “devono fare la loro parte“. Il ministro ha proposto che il finanziamento internazionale sia sbloccato in diverse tranche, “man mano che vengono fatte le riforme”.
Per poter negoziare un supporto finanziario anche da Bruxelles (oltre a quello che la Tunisia già riceve per la gestione dei flussi migratori), sarà per primo Paolo Gentiloni a recarsi “nei prossimi giorni” a Tunisi, seguito dai ministri degli Esteri di Belgio e Portogallo, che rappresenteranno i 27 Paesi membri. Anche l’Alto commissario Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, ha ipotizzato una visita a Saied: “Forse dovrò viaggiare in Tunisia”, aveva dichiarato già questa mattina, prima del vertice. D’accordo con Tajani sull’urgenza della questione, “perché se la Tunisia collassa dovremo affrontare nuovi flussi massicci di migranti in Europa”, Borrell ha tuttavia evidenziato le responsabilità del presidente Saied nel peggioramento della crisi: “Non possiamo aiutare un Paese che non è in grado di rispettare un accordo con il Fmi, Saied deve finalizzare il programma”, ha avvisato il capo della diplomazia europea. Che si è smarcato dalla linea del Viminale, affermando che “il supporto non può che venire dal Fondo Monetario Internazionale“.