Bruxelles – Dalle batterie all’idrogeno, dalle pompe di calore alle tecniche di cattura e stoccaggio di carbonio. Sono otto le tecnologie strategiche chiave per un’industria a zero emissioni ‘Made in Europe’. Dopo tanta attesa, la Commissione europea ha svelato oggi i dettagli del ‘Net-Zero Industry Act’, il regolamento per sviluppare un’industria a emissioni zero che sarà il perno del Piano industriale per il Green Deal annunciato dalla Commissione europea nelle scorse settimane. Una risposta ‘Made in Europe’ al massiccio piano di sussidi verdi da quasi 370 miliardi di dollari varato dall’amministrazione Usa per dare una spinta agli investimenti nelle tecnologie pulite. Che in sostanza si compone di permessi accelerati, progetti strategici per la decarbonizzazione dell’industria europea entro il 2030 e otto tecnologie chiave con cui realizzarla, dai pannelli solari alle pompe di calore fino alle tecnologie per l’espansione della rete.
Per non perdere la corsa alla competitività dell’industria e ai sussidi, la Commissione si pone l’obiettivo di introdurre un quadro normativo prevedibile e semplificato per lo sviluppo di tecnologia pulita, dando priorità di investimento e di realizzazione a progetti che possono contribuire a questo obiettivo. Entro il 2030, questo l’obiettivo fissato, l’Unione europea dovrà essere in grado di produrre il 40 per cento del fabbisogno annuo di tecnologia necessaria per raggiungere gli obiettivi della transizione. Gli strumenti per farlo sono principalmente la fissazione degli obiettivi settoriali per lo sviluppo delle capacità – che il regolamento affida a un ‘considerando’, quindi non giuridicamente -, l’accelerazione delle procedure di approvazione e l’attribuzione dello status di “Progetti Net-Zero strategici” (Net Zero strategic Projects), che devono soddisfare criteri come la riduzione della dipendenza da paesi terzi per determinati prodotti o stabilire nuovi standard di sostenibilità per essere riconosciuti come tali. Unico obiettivo che Bruxelles rende vincolante è la creazione di una capacità di stoccaggio annuale di CO2 di 50 milioni di tonnellate entro il 2030, per rassicurare gli investitori del settore che le loro emissioni catturate possono essere immagazzinate nell’Ue. Inoltre, introduce il concetto di progetti strategici Net-Zero per lo stoccaggio di CO 2 per accelerare lo sviluppo di una catena del valore europea di trasporto e stoccaggio di CO 2 net-zero che le industrie possono utilizzare per decarbonizzare le loro operazioni.
Il collegio guidato da Ursula von der Leyen si è mostrato però diviso fino all’ultimo su come definire questi progetti strategici, ma soprattutto se includervi o meno anche la tecnologia nucleare, in particolare la fissione. Nodo centrale dell’atto normativo era individuare un elenco di tecnologie da considerare strategiche – che si trovano indicate nell’allegato al testo – verso cui, nella sostanza, incanalare gli investimenti e a cui riservare procedure di autorizzazione ancora più accelerate. Le due versioni precedenti della bozza di regolamento includevano in tutto nove ‘tecnologie strategiche’ per il raggiungimento degli obiettivi dell’industria a zero emissioni, compresa la fissione.
La versione definitiva pubblicata oggi dopo la riunione del collegio ne conta solo otto: tecnologie solari fotovoltaiche e termiche; eolico onshore e energie rinnovabili offshore; batterie e accumulatori; pompe di calore e geotermia; elettrolizzatori e celle a combustibile per l’idrogeno; biogas e biometano; cattura e stoccaggio del carbonio; tecnologie di rete. I criteri con cui Bruxelles ha selezionato le tecnologie strategiche sono tre: il livello di prontezza tecnologica, il contributo alla decarbonizzazione e la sicurezza dai rischi di approvvigionamento.
Tra le otto il nucleare non c’è, nonostante le pressioni della Francia che a Bruxelles si batte per il riconoscimento dell’atomo in tutte le politiche climatiche ed energetiche. Ma per non scontentare del tutto Parigi, Bruxelles promette che anche altre tecnologie net-zero saranno sostenute “in maniera minore”, tra cui vengono menzionate le tecnologie sostenibili per i combustibili alternativi, le tecnologie avanzate per produrre energia dai processi nucleari con scarti minimi dal ciclo del combustibile, i piccoli reattori modulari e i relativi best-in carburanti di classe. Nella sostanza, ne viene riconosciuto il ruolo per la decarbonizzazione ma senza riconoscerne il ruolo di tecnologie strategiche net-zero.
L’ingresso nell’elenco di tecnologie strategiche è importante ai fini del riconoscimento come ‘progetto strategico a zero emissioni’, dal momento che – si legge nel testo – gli Stati potranno riconoscere come tali i progetti di produzione di una tecnologia elencata nell’allegato. Non solo, il vantaggio è anche sui tempi delle autorizzazioni: per i “progetti strategici” il processo di approvazione non dovrebbe richiedere più di 9 mesi per gli stabilimenti con una produzione annua fino a 1 GW e 12 mesi per quelli con una produzione annua superiore a 1 GW. Per tutte le altre tecnologie che non godono dello status speciale, i tempi si allungano: le procedure di autorizzazione dovrebbero essere completate entro 12 mesi se la capacità di produzione è fino a 1 GW e 18 mesi se la capacità di produzione è superiore.
La scelta di definizione per il nucleare “è la stessa usata per la tassonomia. Questo significa che il settore nucleare è pienamente coperto ma se parliamo di investimenti futuri in clean-tech ci soffermiamo sulle tecnologie più promettenti, ma questo non significa che le altre sono escluse”, ha spiegato il vicepresidente della Commissione Ue per il Green Deal, Frans Timmermans, presentando in conferenza stampa il piano, confermando che il nucleare, in quanto tecnologie a basso contenuto di carbonio, vi è pienamente compreso. Sarà la Piattaforma chiamata ‘Net-Zero Europe’ composta da rappresentanti degli Stati membri e della Commissione, presieduta da un rappresentante dell’esecutivo comunitario, a guidare la governance e gli obiettivi del ‘Net-Zero Industry Act’. La piattaforma si occuperà di coordinare le azioni degli Stati membri per raggiungere gli obiettivi di investimento e di produzione. Come previsto, sul fronte finanziario le promesse restano vaghe per quanto riguarda possibili nuove risorse ma non è una sorpresa. In attesa della proposta di un Fondo di sovranità europeo che non è atteso prima dell’estate, Bruxelles propone agli Stati di utilizzare tre leve finanziarie attingendo a risorse già esistenti e garantendo flessibilità per redistribuirle: REPowerEu’, InvestEU e Fondo innovazione.