Bruxelles – Regole precise per non finire a promuovere e sostenere finanziariamente idrogeno che non è rinnovabile. Con mesi di ritardo sulla tabella di marcia, la Commissione europea ha pubblicato oggi (13 febbraio) i due atti delegati previsti dalla direttiva sulle energie rinnovabili (risalenti al 2018) per garantire che tutti i combustibili rinnovabili di origine non biologica (noti anche come RFNBO) siano prodotti da elettricità rinnovabile: uno definisce a quali condizioni l’idrogeno, i combustibili a base di idrogeno o altri vettori energetici possono essere considerati un RFNBO; l’altro fornisce una metodologia per il calcolo delle emissioni di gas a effetto serra nel ciclo di vita per le RFNBO.
Con la direttiva del 2018 sullo sviluppo delle energie rinnovabili, Bruxelles ha fissato per il settore dei trasporti un obiettivo separato del 14% di energie rinnovabili entro il 2030, dando la possibilità ai fornitori di utilizzare carburanti rinnovabili per il trasporto (sia liquidi che gassosi) di origine non biologica per raggiungere questo obiettivo. La Commissione ha promesso in quella occasione di stabilire i requisiti per l’elettricità rinnovabile utilizzata per produrre questi carburanti rinnovabili per i trasporti in modo che possano essere considerati completamente rinnovabili. La questione della classificazione per l’idrogeno rinnovabile ha diviso per mesi gli Stati membri, in particolare Francia e Germania divise sull’inclusione del nucleare come fonte di elettricità a basse emissioni, che hanno alimentato la pressione politica sulla Commissione europea che ha a lungo rimandato la pubblicazione degli atti delegati.
Anche se con un ritardo di mesi (l’atto delegato doveva essere presentato entro fine anno), la Commissione ha stabilito una serie di tre opzioni con cui i produttori di idrogeno possono dimostrare che il vettore energetico è prodotto da elettricità rinnovabile e che, dunque, conteranno per gli obiettivi rinnovabili dell’Ue. Il primo è un criterio di ‘legame fisico’, ovvero l’elettrolizzatore per l’idrogeno è direttamente connesso a un impianto di elettricità rinnovabile. Il secondo è un legame di tipo commerciale, ovvero si considera ‘verde’ l’idrogeno quando la produzione è alimentata da una rete elettrica in cui la quota di energia rinnovabile ha raggiunto almeno il 90 per cento nell’anno precedente.
La terza opzione è quella che secondo più di una interpretazione spianerebbe la strada all’impiego di elettricità da nucleare a basse emissioni per la produzione di idrogeno verde (su cui spinge la Francia): prevede che l’idrogeno sia considerato ‘verde’ se la rete elettrica a cui è connesso è quasi totalmente decarbonizzata, con emissioni di carbonio dalla produzione di elettricità inferiori a 18 grammi di CO2 equivalente/Megajoule. Per ora, non è indicato dalla Commissione europea quali sarebbero le zone di offerta che potrebbero ricadere in questa opzione ma secondo Bruxelles sono destinate a crescere in maniera significativa nel corso del decennio attuale. Fonti europee chiariscono che entrambe le ultime due condizioni (la quota di 90 per cento e le emissioni sotto a 18 g) automaticamente soddisfano l’obiettivo di riduzione del 70 per cento delle emissioni di gas serra nella produzione di idrogeno.
La Commissione europea per ora non conferma che i criteri presentati spianino la strada a riconoscere l’idrogeno prodotto da energia nucleare come rinnovabile. “Non può essere usato per la produzione di idrogeno rinnovabile perché l’elettricità a basse emissioni di carbonio non è elettricità rinnovabile”, ha chiarito un funzionario dell’Ue dopo la pubblicazione da parte della Commissione europea. Le stesse regole pubblicate oggi valgono per l’idrogeno prodotto in Ue o importato da Paesi terzi, senza distinzioni in conformità con il principio di parità di condizioni. Nel piano REPowerEu, la Commissione Ue ha fissato l’impegno a 10 milioni di tonnellate di produzione interna di idrogeno rinnovabile e 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile importato. L’idrogeno importato dovrà essere “certificato” attraverso dei certificati che saranno approvati dalla Commissione europea.
Gli atti delegati sono legislazione secondaria che viene usata in generale dalla Commissione Ue per velocizzare l’iter legislativo, dal momento che i co-legislatori possono solo approvare o bocciarle in blocco senza possibilità di emendamenti. I testi sono trasmessi al Parlamento europeo e al Consiglio, che avranno 2 mesi per esaminarli e decidere nel merito, con possibilità di allungare i tempi fino a 4 mesi. Proprio il ritardo accumulato dalla Commissione nella proposta ha portato a uno stallo nei negoziati interistituzionali (“triloghi”) tra Parlamento e Consiglio sulla revisione della Direttiva sulle Energie Rinnovabili (RED). Con la presentazione dei due atti, una nuova riunione per portare avanti il negoziato tra colegislatori è stata confermata per domani, 14 febbraio.
“L’idrogeno rinnovabile è una componente cruciale della nostra strategia per una transizione verso un’energia pulita economicamente vantaggiosa e per eliminare i combustibili fossili russi in alcuni processi industriali” ha spiegato oggi la commissaria europea per l’energia, Kadri Simson. “Regole chiare e un sistema di certificazione affidabile – ha aggiunto – sono fondamentali per lo sviluppo e l’affermazione di questo mercato emergente in Europa. Questi atti delegati forniscono agli investitori la necessaria certezza del diritto e rafforzeranno ulteriormente la leadership industriale dell’Ue in questo settore verde”.