Bruxelles – Risposta comune, ma senza sviscerare troppo le questioni della solidarietà e della responsabilità. Più controlli e protezione delle frontiere esterne, ma senza nuove aperture dalla Commissione Ue sul finanziamento dei muri di confine. Si chiude così il vertice straordinario dei leader Ue convocato appositamente per affrontare il tema della migrazione, con un “se ne riparla a marzo, perché non volevamo una discussione eccessivamente lunga oggi” (parola dello stesso numero uno del Consiglio Ue, Charles Michel). Non un fiasco, ma un confronto tra i 27 capi di Stato e di governo che non sposta eccessivamente gli equilibri e che vede nella prima frase del capitolo dedicato nelle conclusioni del vertice lo spunto principale: “La migrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea“. E nel frattempo prosegue il confronto con la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sui finanziamenti delle barriere di confine con fondi dell’Unione.
È questo il punto di partenza: come rispondere tutti insieme, a Ventisette, con un “approccio globale”, che combini “una maggiore azione esterna, un controllo più efficace delle frontiere esterne dell’Ue e aspetti interni, nel rispetto del diritto internazionale, dei principi e dei valori dell’Ue e della protezione dei diritti fondamentali”, si legge nel testo finale. Tutto in linea con quanto già messo nero su bianco nell’ultima bozza delle conclusioni.
Secondo quanto chiedono i leader dei 27 Paesi membri riuniti al Consiglio Ue, il lavoro sulla dimensione esterna si dovrà concentrare sull’azione “per prevenire le partenze irregolari e le perdite di vite umane, per ridurre la pressione sulle frontiere dell’Ue e sulle capacità di accoglienza, per combattere i contrabbandieri e per aumentare i rimpatri”, anche grazie alla cooperazione con i Paesi di origine e di transito. In questo senso la Commissione è invitata a presentare “in via prioritaria” altri tre Piani d’azione, sul modello di quelli sul Mediterraneo centrale e sui Balcani Occidentali: per l’Atlantico, il Mediterraneo Occidentale e il Mediterraneo Orientale. Ma l’invito è esteso anche al “fare pieno uso” del meccanismo previsto dal Codice dei visti per “introdurre misure restrittive in materia di visti nei confronti dei Paesi terzi che non collaborano ai rimpatri” di persone migranti.
Ma è il punto 23 delle conclusioni del Consiglio Ue sulla migrazione quello su cui vale la pena concentrarsi. Perché nel riconoscimento della priorità di “assicurare un controllo efficace delle frontiere esterne terrestri e marittime”, trovano spazio diverse sensibilità. Tra queste si riconoscono quelle italiane, sia sulla “specificità delle frontiere marittime, anche per quanto riguarda la salvaguardia delle vite umane”, sia sulla “necessità di una cooperazione rafforzata per quanto riguarda le attività di ricerca e salvataggio“, che fonti diplomatiche confermano essere un punto di caduta accettabile per la premier Giorgia Meloni rispetto all’espressione più gradita “codice di condotta“. Le altre frontiere sono quelle terrestri, ed è qui – davanti alle richieste di un gruppo di Paesi membri di finanziare i muri di confine con fondi comunitari – che si sta giocando la partita decisiva nei rapporti tra Commissione e Consiglio Ue. “Non c’è una sola misura miracolosa, abbiamo voluto un pacchetto di misure su cui lavorare, per ritrovare una capacità di controllo delle frontiere“, ha sottolineato in conferenza stampa il presidente Michel.
È qui che si inseriscono le due richieste-chiave dei Ventisette al gabinetto von der Leyen in materia di migrazione. Prima di tutto i “progetti pilota di gestione delle frontiere“, che la presidente von der Leyen ha precisato essere due: “Un pacchetto integrato di infrastrutture mobili e fisse, come strade, torrette di controllo e sorveglianza elettronica, che implica finanziamenti Ue e bilaterali” tra gli Stati membri e “un progetto pilota sulle procedure alla frontiera, per le migliori prassi sulle procedure di asilo, le registrazioni e i rimpatri”.
La seconda richiesta invece è di “mobilitare immediatamente fondi e mezzi sostanziali dell’Ue per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere”, anche attraverso una “strategia europea di gestione integrata delle frontiere”. A domanda precisa, la numero uno dell’esecutivo comunitario ha messo in chiaro che per la protezione dei confini “con i fondi nazionali e bilaterali si può fare quello che si vuole, con i fondi europei no”, ritornando alla distinzione tra infrastrutture già ora finanziabili e muri (per ora) esclusi dal budget comunitario. Quando manca poco più di un mese al Consiglio Ue ordinario di marzo, i Ventisette attendono “quanto presenterà la Commissione e poi ritorneremo a confrontarci“, è l’ultimo messaggio del presidente Michel al termine di una lunghissima giornata di lavori tra i leader Ue.