Bruxelles – Nessuna mancanza di rispetto per usi e costumi, nessun attacco a diete consolidate e tipiche. L’apertura a nuovi cibi, da produrre e mettere in commercio, non trova queste spiegazioni. Se la Commissione europea ha dato il via libera a tarme della farina essiccate, locusta migratoria e a farina di grillo il motivo si spiega con una problematica reale: l’aumento della domanda di cibo a fronte di una diminuzione delle rese agro-alimentari.
La questione non è nuova, tanto che già l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha acceso i riflettori su un problema che si pone già nell’immediato e che sempre di più rischia di porsi. Innanzitutto c’è la questione della domanda. “La popolazione mondiale è raddoppiata negli ultimi 50 anni”, arrivando a 7,5 miliardi di persone, sottolinea l’Ocse. C’è dunque più richiesta di cibo. A questo si aggiunge il miglioramento economico di tutta una seria di Paesi, la cui popolazione, avendo adesso un più forte potere d’acquisto, hanno iniziato a rivedere le proprie abitudini alimentari iniziando a portare sulla propria tavole pietanze prima al di fuori della portata.
Sul fronte dell’offerta pesa però il cambiamento climatico. “Le sfide che devono affrontare i settori dell’alimentazione, dell’agricoltura e della pesca aumenteranno con il cambiamento climatico”, avverte l’Ocse. Si stanno ormai consolidando tendenze frutto dei mutamenti in atto. “Le temperature medie globali stabiliscono nuovi record quasi ogni anno, mentre la pioggia è diventata meno affidabile”. Inoltre “gli eventi meteorologici estremi che distruggono i raccolti, come inondazioni, siccità e grandi tempeste, sono diventati più comuni”.
Del resto la produzione agricola dipende dalla buona qualità del suolo e dell’acqua, insieme a condizioni meteorologiche prevedibili e una stagione sufficiente per la crescita di colture e raccolti. La questione climatica non riguarda solo la terra ferma. “Il cambiamento climatico sta alterando la produttività della pesca di cattura e la distribuzione degli stock ittici, rendendo meno sicuri i prelievi futuri”, avverte ancora l’Ocse.
In questo scenario di agricoltura tradizionale sempre più sotto stress, esplorare nuove risorse appare una via quasi obbligata per scongiurare il rischio di aggravare il problema della fame nel mondo.