Bruxelles – Si riaccende a più di un anno di distanza la questione del finanziamento dei muri alle frontiere esterne dell’Unione Europea con i fondi comunitari, per aumentare il numero di chilometri di barriere che impediscano alle persone migranti di fare ingresso in modo irregolare sul territorio dei Ventisette. Nell’autunno del 2021 era stata la Polonia, oggi è il turno dell’Austria, ma il messaggio rimane sempre lo stesso: “Penso che ci sia l’interesse di molti Paesi membri a rendere più solide le frontiere esterne e che sia necessario anche il sostegno della Commissione Ue sotto vari aspetti“, ha dichiarato questa mattina (26 gennaio) il ministro degli Interni austriaco, Gerhard Karner, a margine del Consiglio Affari interni informale a Stoccolma.
In altre parole, l’utilizzo dei fondi dal bilancio comunitario per costruire barriere di filo spinato e muri lungo il perimetro esterno dell’Unione Europea. Se Varsavia aveva chiesto alla Commissione il via libera – negato – per affrontare quelle che il primo ministro definiva “pressioni della guerra ibrida” dell’autocrate bielorusso, Alexander Lukashenko, oggi per Vienna l’urgenza è sul fianco meridionale dell’Unione: “É necessario rendere la frontiera tra la Bulgaria e la Turchia più robusta”, ha specificato il ministro austriaco, parlando del numero di arrivi lungo la rotta balcanica in aumento nell’ultimo anno. Il dibattito sul finanziamento dei muri di confine “è acceso”, ha precisato Karner, ma “recentemente c’è stato un movimento sul tema, perché le frontiere esterne hanno bisogno di aiuto“.
A quanto si apprende a Bruxelles, nel corso della riunione di ieri (25 gennaio) del Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper), l’ambasciatore austriaco ha reiterato la richiesta di finanziare con fondi Ue “physical infrastructures” per la protezione delle frontiere esterne, specificano fonti Ue a Eunews (che però non confermano le indiscrezioni di Politico sulla richiesta di due miliardi per quella al confine tra Bulgaria e Turchia). Infrastrutture fisiche, ovvero muri e barriere di filo spinato come se ne vedono su quasi duemila chilometri di confine dei 27 Paesi membri dell’Unione.
La risposta della Commissione sul finanziamento dei muri
Dalla Commissione Europea la porta rimane chiusa a un ipotesi di utilizzo dei fondi del bilancio pluriennale dell’Ue per il finanziamento di barriere fisiche alle frontiere esterne. Già di fronte alle richieste della Polonia –appoggiate anche dal presidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, e da quello del Consiglio Europeo, Charles Michel – la numero uno dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, aveva messo in chiaro che non è un’opzione sul tavolo. Oggi è stata invece la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, a respingere questa opzione: “Non ci sono soldi nel bilancio dell’Ue per questo, e se spendiamo soldi per muri e recinzioni, non ci saranno soldi per altre cose”, in particolare nella spesa per la gestione della migrazione e la politica di asilo.
Quello che l’esecutivo comunitario sta tentando di difendere è il rispetto dei diritti fondamentali garantiti dall’Ue, in particolare il principio di non respingimento sancito dall’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Tfue). Più che tecnica la questione si imposta sul piano dell’interpretazione dei Trattati fondanti dell’Unione, dal momento in cui per il gabinetto von der Leyen la costruzione di muri di confine – a maggior ragione con fondi comunitari – potrebbe costituire un caso di pushback, un respingimento illegale di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea. “Ogni Stato membro ha l’obbligo di proteggere il proprio confine esterno, ma devono sempre essere in linea con il rispetto dei diritti fondamentali”, ha rimarcato la commissaria Johansson al termine del vertice dei ministri Ue informale: “La Commissione non può comunque finanziare qualsiasi cosa, la nostra priorità è spingere su altro“, come il Patto migrazione e asilo, “che può cambiare il modo in cui guardiamo ai problemi alle frontiere”.