Bruxelles – Riciclo e riutilizzo, l’Unione europea è in ritardo e ha ancora molto da fare. C’è ancora troppo materiale di scarto che finisce in discarica o incenerito, rendendo le politiche per un’economia circolare lontane dagli obiettivi e dalla aspirazione che pure l’Ue si è posta. L’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) fa un punto della situazione su quegli otto materiali più comuni quando si parla di seconda vita, e i conti non tornano. “Solo l’alluminio, la carta e il vetro hanno mercati secondari ben funzionanti”, rileva l’analisi condotta. Tre filiere su cinque. Le altre, che includono legno, tessile, plastica, rifiuti organici, aggregati da rifiuti da costruzione e demolizione, “non funzionano bene”. Ne è una dimostrazione il mercato del legname. All’interno dell’Unione europea “attualmente, circa un terzo del legno di scarto viene riciclato, con grandi differenze tra gli Stati membri nei tassi di riciclaggio”. Il resto viene conferito in discarica o incenerito.
Il problema di fondo è un circuito non sviluppato a dovere. Incidono certamente “la debole domanda” di materiali di seconda mano, per dinamiche di domanda e offerta tali lasciare ancore “le dimensioni ridotte di questi mercati rispetto alle materie prime”. A questo si aggiunge poi “la mancanza di standard comuni, che riducono la qualità dei materiali per uso industriale”. Questioni che secondo l’Eea derivano in larga parte da un quadro normativo fondato su direttive, atti legislativi che fissano obiettivi finali lasciando mani libere ai governi di agire come meglio ritengono. Il risultato è una frammentazione che frena le ambizioni di circolarità a dodici stelle.
Quando si parla di riciclo di scarti di legno, tessile, plastica, rifiuti organici, aggregati da rifiuti da costruzione e demolizione, va tenuto conto di “sistemi di raccolta basati sulla legislazione dell’Ue attuati in modi diversi nei vari Stati membri”. Da qui l’invito a “uno sviluppo più armonizzato di un’adeguata infrastruttura di raccolta, campagne di sensibilizzazione e informazione”, insieme all’introduzione di “schemi ‘paga quanto butti’”. Tutti questi interventi, secondo l’Eea, “possono contribuire a migliorare le prestazioni del sistema di raccolta e smistamento”.
Si pone poi la questione industriale, legata agli obiettivi incastonati nel Green Deal europeo. Laddove le cose funzionano, va comunque fatto di più. In nome della transizione verde e della mobilità sostenibile “è necessario raggiungere tassi di riciclo di alluminio più elevati, a causa della crescente domanda” del prodotto. Come si mette in risalto nella pubblicazione, si prevede la richiesta di alluminio riciclato “aumenterà del 40 per cento tra il 2019 e il 2050, soprattutto a causa del suo utilizzo nelle auto elettriche”. Attualmente il riciclo dell’alluminio rappresenta il 36 per cento della fornitura di alluminio metallico in Europa.
Che si tratti delle tre filiere dove recupero e riciclo funzionano – alluminio, carta e vetro – o delle altre cinque dove si è in ritardo, il messaggio di fondo non cambia. “Migliorare i mercati delle materie prime riciclate è fondamentale per realizzare un’economia circolare nell’Ue, riducendo la necessità di estrarre risorse naturali ed evitando gli impatti ambientali associati”. Istituzioni europee e governi nazionali sono avvisati.