Il Parlamento europeo, guidato dalla sua presidente Roberta Metsola, si sta accingendo ad adottare nuove regole di trasparenza, trascinato dall’ondata di sconcerto causata dallo scandalo (ancora tutto da dimostrare nella sua portata e ramificazioni) che chiamiamo Qatargate.
Niente da dire contro la trasparenza, sullo stop alle “porte girevoli”. Delle regole di protezione della “moralità” ci vogliono. Ma sono cose che rischiano di servire a poco, se non a darsi una spolverata di pulizia e ad andare davanti agli elettori per dire: “Siamo severi, non permetteremo altre sbavature”.
Questo per due motivi: il primo, il più evidente, è che se qualcuno vuol corrompere e qualcun altro vuol farsi corrompere la via per farlo si trova, al di fuori dei palazzi delle istituzioni. Non serve che il corruttore di turno entri fisicamente in Parlamento per incontrare un deputato cedevole alle lusinghe di soldi o dono preziosi. Bruxelles, come tutto il mondo il Mondo, è piena di bar e salotti dove si può fare e scambiare ciò che si vuole.
Il secondo, molto più importante, è che la politica non è una giostra, nella quale basta garantire la solidità della struttura per essere ragionevolmente tranquilli che non accadano incidenti. La politica è fatta di persone e di partiti, ed è lì che la responsabilità della politica si forma e si garantisce. Sono gli uomini e le donne che fanno politica che devono essere, in sé, trasparenti, onesti, inattacabili. Sono dunque i partiti, tanto bistrattati negli ultimi anni, che devono selezionare la loro classe dirigente e garantire per i propri candidati.
Anche perché la politica è fatta, per sua natura, di contatti, di confronti, di incontri con la società, i cittadini, le aziende, le associazioni. La politica non può svolgere in una torre trasparente chiusa alla società. La politica non può essere relegata a posizioni marmoree che se mutate danno il via ad un’indagine della magistratura. I politici coinvolti in questa vicenda del Qatargate, certamente torbida, in realtà hanno espresso posizioni che spesso collimano con quelle ad esempio della Commissione europea. Perché l’hanno fatto non lo sappiamo, secondo l’accusa probabilmente per soldi, ma potrebbero anche essersi convinti che quel regno qualcosa ha fatto sui diritti dei lavoratori.
Noi cittadini dobbiamo poter avere fiducia nel nostri eletti non perché esiste una regola che dice “è vietato cambiare idea in cambio di soldi”, ma perché sappiamo che, si dall’inizio, quella persona è stata selezionata perché “onesta”, politicamente e intellettualmente. E questo lo possono garantire solo forze politiche vere, strutturate, che lavorino, esse sì, nella trasparenza con congressi, tesi a confronto, chiarezza nella selezione del proprio personale.
Ecco, il rischio che vedo in questo fervore regolatorio è che si cada, ancora una volta, nella politica dell’immagine, del tutto subito, della comunicazione via social della severità delle regole che si vogliono adottare, proclamando pulizia e onestà. E che si dimentichi, spero non volutamente, che il problema è molto più a monte, e che non sta nelle regole.
P.s.: Vorrei aggiungere, oggi che è il giorno dopo la pubblicazione di questo editoriale, una cosa. Mi preoccupa molto la fretta che la presidente Metsola vuole imporre alla procedura per la richiesta di levare l’immunità parlamentare a due deputati europei avanzata dalla magistratura belga. L’istituto dell’immunità è fondamentale, senza doverne ora fare la storia, in sostanza protegge i parlamentari (e dunque anche chi li ha eletti) da possibili persecuzioni di un potere esterno, in questo caso quello giudiziario. Sarebbe gravissimo se un Parlamento finisse nella mani della giustizia senza i dovuti ed approfonditi filtri, che tutelano non le persone in quanto tali, ma i deputati, i rappresentanti eletti dai cittadini, che devono svolgere l’attività legislativa, presidio fondamentale della democrazia. Dunque sì, le autorizzazioni possono essere richieste ovviamente, ma la procedura per la loro concessione deve essere svolta con tutte le garanzie necessarie, a tutela proprio del funzionamento della democrazia.