Bruxelles – “Il vino fa male” (ma anche la birra e gli altri alcolici). L’Irlanda ha ottenuto il via libera dalla Commissione europea per un’etichettatura che metterà in guardia i consumatori sui rischi del bere alcool. Non dell’abuso, a quanto pare, ma proprio del semplice consumo. Insorgono i produttori, che vedono in questa scelta, per ora autorizzata in in Paese che di vino ne consuma poco ma che ha gravi problemi con l’alcolismo, ed insorge anche Paolo De Castro, deputato europeo italiano della Commissione Agricoltura.
“Un anno fa il Parlamento – ricorda l’esponente del Pd – ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione sulla lotta contro in cancro che esclude categoricamente l’introduzione di sistemi di etichettatura sanitari, come quelli presenti sui pacchetti di sigarette”. Dunque oggi “sorprende come la Commissione Europea non prenda minimamente in considerazione” questa posizione.
Il via libera dell’Esecutivo Ue è arrivato lo scorso 22 dicembre con un silenzio assenso al termine del periodo di moratoria di sei mesi previsto dalla normativa, alla richiesta da parte dell’Irlanda di introdurre a livello nazionale l’obbligo di inserire alert sanitari, quali “l’alcol uccide”, sull’etichetta delle bevande alcoliche.
Per De Castro “ancora una volta ci troviamo di fronte al tentativo di alcuni Paesi nord-europei di demonizzare settori che rappresentano un patrimonio della nostra cultura e tradizione eno-gastronomica, con richieste paradossali che peraltro mettono a serio rischio il funzionamento del mercato unico europeo, con i nostri produttori che si troverebbero a dover rispettare norme di etichettatura differenti da un Paese Ue all’altro”.
Il timore dei produttori (con gli italiani sono schierati a Bruxelles anche francesi, spagnoli e di altri sei paesi Ue) non è tanto per le esportazioni in Irlanda, quanto che questo possa essere il primo passo per una politica che potrebbe estendere questa etichettatura in altri mercati, molto più importanti per l’export nostrano. “Studi approfonditi di carattere medico-scientifico dimostrano che un giusto consumo di vino fa bene”, afferma il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, il quale denuncia che “in Europa ci sono forti spinte da parte delle aziende che producono bevande e alimenti ‘iperprocessati’, creati in laboratorio e non legati al territorio, al clima e alle tradizioni, a differenza del vino”.
Il timore, dice il presidente dell’Unione Italia Vini Lamberto Frescobaldi, è che si lanci “un segnale d’allarme sui prodotti alcolici facendo di tutta l’erba un fascio”, mentre il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti mette l’accento sul rischio di “una deriva proibizionistica”.
“Se la norma dovesse essere adottata da altri Paesi sarebbe un danno inestimabile”, dice Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti. “Il vino è il prodotto dell’agroalimentare italiano più conosciuto e apprezzato al mondo, etichette simili sulle bottiglie provocherebbero un gravissimo danno di immagine al Paese ed economico a tutto il settore – aggiunge Busi – senza peraltro basi scientifiche: che il vino di qualità bevuto in giuste quantità faccia male e provochi tumori e malattie non è affatto dimostrato. L’Irlanda non è uno dei più grandi importatori di vino, ma il rischio è che l’Unione Europea faccia sua una tesi del genere, prendendo una strada irragionevole e dannosa”.
“Fortunatamente – spiega infine De Castro – il via libera non è definitivo: ora l’Irlanda dovrà essere autorizzata anche dall’Organizzazione mondiale del commercio, in quanto questa normativa rappresenta una barriera anche a livello internazionale. Un processo che prevede una durata di circa 60 giorni”.