Bruxelles – Bisogna trovare 210 miliardi euro per sostenere l’indipendenza energetica dell’Ue dal Cremlino. Sono le risorse aggiuntive che, da qui al 2027, serviranno secondo Bruxelles per finanziare ‘REPowerEu’, il piano presentato a maggio scorso per affrancare l’Ue dalla dipendenza dei combustibili fossili russi. Una decisione presa dall’Ue nel contesto della guerra di Russia in Ucraina. Lo ha ricordato la commissaria europea all’Energia, Kadri Simson, aprendo i lavori della prima riunione plenaria del Dialogo degli investitori sull’energia, la piattaforma che riunisce a livello europeo gli esperti dei settori dell’energia e della finanza in tutti i paesi dell’Ue.
Un’occasione per lanciare al settore un monito forte e chiaro. Servono risorse private, non solo pubbliche, per finanziare la transizione verde promossa dal pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ presentato dalla Commissione europea a luglio 2021 come una tabella di marcia legislativa per abbattere le emissioni di gas serra del 55 per cento entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) come tappa intermedia per la neutralità climatica al 2050. Ancora più risorse serviranno a Bruxelles per finanziare la riduzione della dipendenza energetica dalla Russia, che prima dell’inizio della guerra lo scorso 24 febbraio rappresentava la principale fonte di approvvigionamento di idrocarburi per il Continente. 210 miliardi di euro è la cifra stimata e la commissaria si dice “consapevole che le risorse pubbliche non saranno sufficienti per soddisfare la domanda di investimento e abbiamo bisogno di mobilitare più capitale privato per raggiungere i nostri obiettivi”. L’idea – ha aggiunto – è quella di incanalare “le risorse pubbliche in modo intelligente, in modo tale da far affluire capitali privati che rendano attraenti i progetti per investitori e clienti”.
Presentando a maggio il RePowerEu, la Commissione europea ha parlato di un piano di indipendenza energetica in cui le uniche risorse fresche in senso proprio saranno 20 miliardi di euro che i co-legislatori dell’Ue hanno deciso di finanziare per il 60 per cento con risorse dal Fondo per l’innovazione (12 miliardi di euro) e per il 40 per cento dall’anticipazione delle quote del mercato del carbonio, il sistema Ets (8 miliardi), che oggi sono ferme nella riserva di stabilità del mercato. Altre risorse in sovvenzioni potrebbero arrivare in sostanza dalla possibilità concessa ai governi (facoltativa) di dirottare fino a 26,9 miliardi di euro dai fondi di coesione e fino a 7,5 miliardi di euro dalla Politica agricola comune (Pac).
Sul piatto, Bruxelles ha proposto infine di dirottare i 225 miliardi di euro di prestiti (stimati) non spesi dai governi europei dal ‘Next Generation Eu’ e redistribuirli tra tutti i Paesi, compresi quelli come anche l’Italia che hanno già richiesto tutta la loro quota di prestiti. Quando il regolamento entrerà in vigore, gli Stati membri che ancora non lo hanno fatto avranno tempo per avanzare la richiesta a Bruxelles di utilizzare i prestiti non ancora richiesti. A quel punto sarà più chiaro quanto di quei 225 miliardi di euro potrà effettivamente essere redistribuito tra i Paesi come l’Italia. Ad esempio, il governo spagnolo ha fatto sapere nei giorni scorsi che chiederà alla Commissione europea di poter usufruire degli 84 miliardi di euro in prestiti e ulteriori 7,7 miliardi di euro in sovvenzioni non ancora richiesti nell’ambito del NextGenerationEU. Se dovesse essere accettata da Bruxelles, la richiesta del governo spagnolo porterebbe a 141 miliardi la quota dei prestiti utilizzabili e, secondo una fonte diplomatica, la Spagna non sarà l’unico Paese in Ue a richiedere la sua quota. Per ora ad aver fatto richiesta di usare i prestiti di Next Generation insieme all’Italia, solo Grecia, Portogallo, Cipro e Romania.
A quanto si apprende, l’Italia potrebbe richiede con certezza 2,76 miliardi di euro nell’ambito del finanziamento Ets (il sistema di scambio di quote di emissioni dell’Ue) previsto dall’accordo politico, nonché 146 milioni di euro dalla Riserva di adeguamento della Brexit, per un totale di circa 2,9 miliardi di euro. Il Paese ha già esaurito la sua quota di prestiti del fondo per la ripresa economica dal Covid-19 che avrebbe potuto utilizzare per centrare gli obiettivi di indipendenza energetica ma per ora non è chiaro se potrà usufruire dei prestiti non utilizzati dagli altri Stati membri. Dipenderà da quanti altri Stati membri ne faranno richiesta prosciugando le casse del piano previsto da Bruxelles. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, parlando a dicembre all’Università Bocconi di Milano ha stimato che per l’Italia il ‘REPower’ potrebbe valere almeno 9 miliardi di euro, senza però chiarire da dove arriveranno le risorse.