Bruxelles – Dopo le indiscrezioni arrivano le conferme ufficiali dal Berlaymont. La Commissione Europea ha offerto negli scorsi giorni alla Cina “expertise sulla salute pubblica e vaccini contro il Covid-19, anche quelli adattati alle varianti”, per rispondere all’aumento dei casi nel Paese e per dare un segnale agli Stati membri Ue che serve una risposta comune. È quanto dichiarato dal portavoce dell’esecutivo comunitario Tim McPhee nel corso del punto quotidiano con la stampa europea, rispondendo alle domande sulla notizia riportata questa mattina (3 gennaio) da Financial Times. Il quotidiano britannico ha specificato anche la gratuità dell’offerta, ma questo aspetto non è stato confermato dalla Commissione: “Il nostro è un aiuto quando e come ce n’è bisogno, secondo le necessità della parte cinese”, non si è voluta sbilanciare la vice-capa portavoce Dana Spinant.
La stessa portavoce ha messo in chiaro che “stiamo seguendo gli sviluppi in Cina e abbiamo sempre offerto il nostro supporto, come a tutti gli altri Paesi nel mondo“. Lo dimostrerebbero le discussioni durante l’ultimo vertice tra Bruxelles e Pechino dell’aprile 2022, “quando abbiamo ribadito che siamo sempre disponibili a un sostegno con competenze e vaccini e questo rimane valido ancora oggi”. A proposito dell’offerta arrivata nell’ultima settimana, il portavoce McPhee ha reso noti alcuni dettagli della vicenda che coinvolge in prima persona la titolare della Salute, Stella Kyriakides, nel gabinetto von der Leyen: “Considerata la situazione epidemiologica, la commissaria si è rivolta alla controparte cinese, per offrire anche donazioni di vaccini“. La delegazione Ue a Pechino “è il nostro punto di contatto”, ha aggiunto il portavoce, precisando però che “al momento non abbiamo risposte dai nostri colleghi in Cina”.
È proprio da Pechino che arriva però uno stop all’offerta di Bruxelles: “La Cina ha stabilito le più grandi linee di produzione al mondo di vaccini Covid-19 con una capacità di produzione annuale di oltre 7 miliardi di dosi, che soddisfano le esigenze di garantire che tutte le persone idonee abbiano accesso ai vaccini“, ha risposto seccamente la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, puntualizzando che “la situazione in Cina è sotto controllo e siamo pronti a lavorare con la comunità internazionale in solidarietà”. Tuttavia il Paese si è affidato esclusivamente ai vaccini Sinovac e Sinopharm, senza implementare su larga scala quelli che utilizzano la tecnologia mRNA: lo scorso 21 dicembre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che l’attuale copertura vaccinale della Cina è insufficiente (poco più del 50 per cento delle persone ha ricevuto la terza dose). L’Ue ha stipulato contratti con otto produttori di vaccini e al momento gli Stati membri dispongono di scorte in eccesso a causa della grande quantità di dosi fornite attraverso contratti a lungo termine.
Le riunioni a Bruxelles sulla crisi Covid-19 in Cina
Mentre si discute della possibile donazione di vaccini alla Cina, è prevista per oggi pomeriggio a Bruxelles una nuova riunione del Comitato per la sicurezza sanitaria dell’Ue – il gruppo consultivo informale sulla sicurezza sanitaria a livello europeo – dopo quella svoltasi giovedì scorso (29 dicembre). Il tema centrale rimane sempre quello della risposta comune a livello Ue rispetto alla nuova ondata di casi di infezioni da Coronavirus nel Paese asiatico (con la fine della politica ‘zero Covid’) e la contemporanea riapertura ai viaggi dall’8 gennaio: “Il focus sarà sulla situazione epidemiologica e sulla posizione comune dell’Ue sulle possibili misure da adottare prima della riunione dell’Ipcr“, ha reso noto il portavoce della Commissione McPhee. La riunione del meccanismo integrato di risposta politica alle crisi è stata convocata per domani (4 gennaio) dalla nuova presidenza di turno svedese del Consiglio dell’Ue, per tentare di concordare una linea unica su restrizioni o requisiti di accesso al territorio comunitario.
La questione è diventata urgente dopo la decisione di Italia, Francia e Spagna di introdurre tamponi antigenici obbligatori – e, in caso di positività, test molecolari – per tutti i passeggeri provenienti dalla Cina, dal momento in cui dal primo giugno dello scorso anno non è più in vigore l’obbligo di presentare il Certificato verde digitale dell’Ue (il Green Pass Europeo) per transitare sul territorio nazionale. Ai tavoli di confronto a Bruxelles si sta cercando di evitare sia una nuova ondata pandemica sul continente sia una frammentazione dei Ventisette nelle misure adottate, secondo le lezioni apprese in quasi tre anni di gestione della pandemia. “Le misure che potrebbero essere adottate sono in linea con quelle che sono state definite dalla commissaria Kyriakides in una lettera inviata ai ministri Ue della Salute dopo la riunione del 29 dicembre”, ha aggiunto il portavoce dell’esecutivo comunitario. Come reso noto dalla stessa commissaria al termine della riunione di oggi si va verso “test prima della partenza per i viaggiatori provenienti dalla Cina, il potenziamento del monitoraggio delle acque reflue e l’aumento della sorveglianza interna“.
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