Bruxelles – Unione europea più sostenibile anche dal punto di vista agricolo, senza mettere a repentaglio la sicurezza alimentare europea e globale. Si è chiusa questa mattina la nona edizione di ‘How can we govern Europe?’, l’annuale forum di discussione sulle politiche comunitarie organizzato dalla redazione di Eunews, con un riflessione sull’impatto della guerra di Russia in Ucraina sulla produzione agricola e agroalimentare in Europa, approfondita nel panel dedicato a “Sicurezza alimentare: PAC, Fit for 55 e Farm to fork di fronte alla guerra e alla siccità” che ha visto a confronto rappresentanti del mondo politico (italiano ed europeo) e della filiera industriale.
Esponenti della realtà italiana ed europea, con visioni differenti ma uniti nella convinzione che anche nelle politiche agroalimentari si debba trovare il giusto equilibrio tra dimensione sociale, economica ed ambientale. Sono in molti a credere che le principali politiche e strategie dell’Ue in materia di agroalimentare – dalla Politica agricola comune (Pac) alla strategia Farm to Fork – debbano essere oggi ripensate di fronte alle sfide che la guerra ci mette di fronte anche sul piano dell’approvvigionamento di cibo e materie prime, vista la forte dipendenza dell’Europa e di buona parte del mondo dalle esportazioni di grano e cereali dall’Ucraina e della Russia. “La guerra ci ha insegnato a non dare nulla per scontato”, ha detto Michael Niejarh, direttore generale aggiunto della DG Agri della Commissione europea, assicurato che la buona notizia è che in Europa non “abbiamo problemi di sicurezza del cibo” ma più che altro di approvvigionamento conveniente dal punto di vista economico e sull’interesse geostratigico che l’Europa ha nel garantire che la sicurezza alimentare ce l’abbiano tutti nel mondo, non solo l’Europa. Nel suo intervento ha riconosciuto che l’inflazione sul cibo è attorno al 20 per cento, anche 40 per cento nei casi più gravi, sta toccando una larga fetta della popolazione”. Condanna la retorica della “sovranità alimentare” ma rassicura anche chi critica la Commissione europea di portare avanti gli obiettivi della ‘Farm to Fork’, la strategia della filiera agroalimentare che, secondo alcuni studi, potrebbe condurre a un calo della produzione in Europa con un aumento dei prezzi. Niejarh assicura che buona parte degli obiettivi della strategia entreranno in vigore dal 2026, e per allora Bruxelles auspica di essersi lasciata la crisi del mercato alimentare alle spalle.
La stoccata sulla ‘sovranità alimentare’ è rivolta al governo italiano che ha scelto di ribattezzare il ministero delle politiche agricole come il ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Una scelta quasi obbligata, secondo il senatore Luca De Carlo, presidente della commissione Industria, Commercio, Turismo, Agricoltura e produzione agroalimentare, il quale ha rivendicato che “utilizzare ‘sovranità alimentare’ come titolo del ministero è una scelta ovvia per l’azione di dare a tutti l’accesso al cibo di qualità e valorizzare le forze” del Paese. De Carlo riconosce che l’Italia rappresenta “l’agricoltura più sostenibile d’Europa, e sesta al mondo”. Quindi non è all’Italia che si può insegnare ad essere più sostenibili, mentre le principali strategie europee hanno come conseguenza anche indiretta quella di limitare la produzione, in un momento in cui i limiti produttivi devono essere scongiurati a ogni costo.
“Nesuno può dare all’Italia lezioni di sostenibilità, siamo la filiera agroalimentare più sostenibile di tutti”, ha ammonito anche Luigi Scordamaglia, Consigliere delegato di Filiera Italia e presidente di Assocarni, che aderisce all’associazione “Carni sostenibili”, misurando la filiera italiana in 65 miliardi di euro di valore aggiunto con soli 30 milioni di emissioni di CO2″, ha detto, abbozzando un paragone con la Francia (77 milioni) e la Germania (60 milioni). E sulla Farm to Fork ha ricordato che “irresponsabilmente” Bruxelles non ha fatto neanche una valutazione di impatto sulla strategia. La ragione per cui non c’è stata ancora una valutazione d’impatto ufficiale è che non si tratta di una proposta legislativa, ma di una strategia che deve essere tradotta in atti legislativi concreti, come direttive e regolamenti.
Ed è anche da Bruxelles che l’eurodeputato della commissione Agricoltura (AGRI),Herbert Dorfmann, ha lanciato il monito a trovare un equilibrio e bilanciare sostenibilità economica, sociale e ambientale”, dal momento che gli agricoltori europei hanno il primario obiettivo di nutrire i cittadini”. Concorde con Scordamaglia sulla necessità di una valutazione d’impatto per la Farm to Fork che tenga conto della sicurezza alimentare, quindi che non ci sia un calo produttivo associato. Imperativo, anche secondo il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, è che le politiche dell’Ue riescano a mettere sullo stesso piano la sostenibilità ambientale, economica e sociale. “Servono valutazioni d’impatto attendibili, prima di partire con strategie che avranno conseguenze sulla sicurezza alimentare”. Ma se è vero che l’Italia fa meglio di altri in campo della sostenibilità “dobbiamo fare sempre di più e fare meglio”, ha detto Massimo Pasquali, responsabile del coordinamento aziende Banco Bpm, secondo cui “l’impresa ha bisogno di un partner che la conosca e che costruisca la fiducia tra banca e impresa giorno dopo giorno, per risolvere l’emergenza del momento. E in questi tre anni ne abbiamo avute”.