Bruxelles – Alta inflazione, caro-energia e politiche di contrasto al fenomeno, il coordinamento a livello europeo rischia di essere meno scontato del previsto. Nonostante i tanti appelli per agire di concerto, evitando di muoversi in ordine sparso, la strategia su cui tanto insiste la Commissione europea non sembra però una via facilmente percorribile. Perché di fronte al problema dell’aumento dei costi dell’energia e dell’alta inflazione che ne deriva, “la Banca centrale europea non ha altra scelta se non quella di procedere sulla base del ‘meeting-by-meeting’ (volta per volta, ndr), il che rende piuttosto problematico qualsiasi tentativo di coordinare le proprie mosse con le altre banche centrali”, rileva un’analisi condotta dal Centro ricerche del Parlamento europeo per conto della commissione Affari economici.
Si pone inoltre un problema che va oltre l’eurosistema e la rete di banche centrali degli Stati che ne fanno parte. Se la sfida della crisi energetica si pone certamente per l’Unione europea, per altri soggetti si pone invece in modo diverso. Ne è una riprova il rapporto con il principale partner transatlantico. “La possibilità per la Bce di coordinare le proprie azioni con la Federal Reserve è ulteriormente complicata dal fatto che gli Stati Uniti sono (dal 2019) un esportatore netto di energia, mentre l’area euro è un forte importatore di energia”, si mette ancora in risalto.
La crisi energetica e il fenomeno del caro-bollette dunque rischia di essere di difficile gestione nonostante sia considerata come ‘passeggera’. Perché se sulla natura dell’aumento dei prezzi dell’energia non ci sono dubbi, sui tempi invece non vi sono certezze ma solo auspici. “L’attuale crisi energetica dell’Europa può essere considerata temporanea, in quanto non ha cause strutturali ma geopolitiche, che possono essere rimosse e addirittura dar luogo a un contraccolpo dei prezzi dell’energia in caso di cessate il fuoco o, auspicabilmente, di risoluzione del conflitto”, sottolineano gli analisti dell’eurocamera, nell’intento di rassicurare, mercati, imprese e consumatori. Dall’altra parte, “al momento nessuno può prevedere con ragionevole approssimazione la probabilità e la tempistica di questo positivo sviluppo geopolitico”.
Ma nessuno può ancora prevedere come gli Stati dell’eurozona sapranno andare avanti in modo unito e coordinato, se le decisioni dovranno essere prese volta per volta. Mancano le condizioni per una strategia di medio-lunghe vedute, che rende problematico il tutto. Qui si pone il dilemma della politica, nazionale e sovranazionale. Una cosa è certa, però. Linee guida comuni serviranno, poiché c’è “il rischio che le autorità di bilancio di alcuni Paesi sfruttino il coordinamento monetario-fiscale per effettuare interventi di politica inflazionistica”. E’ quello che viene definito “l’elefante nella stanza”. Servirebbe dunque una politica coordinata, soluzione facile a dirsi ma assai meno a farsi.