Bruxelles – Tre linee direttive per affrontare il fenomeno migratorio nel Mediterraneo centrale: lavorare sulla cooperazione tra gli Stati Ue, con i Paesi di partenza e con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Iom) per prevenire le partenze, agire nella fase di ricerca e soccorso in modo più coordinato, perfezionare l’implementazione del meccanismo di solidarietà per i ricollocamenti.
Non emerge niente di più che una forte dichiarazione di intenti dalle parole della Commissaria Ue per gli Affari interni, Ylva Johansson, che ha presentato questa mattina (21 novembre) il Piano d’azione per il Mediterraneo centrale. Venti interventi pensati “per affrontare le sfide immediate e attuali”, su cui la querelle tra Francia e Italia sulla nave ong Ocean Viking ha tutto a un tratto riacceso i riflettori.
I tempi per un approccio europeo più strutturale al fenomeno delle migrazioni sono maturi già da un pezzo, ma un 2022 con ingressi in Ue da record ha rispolverato con forza la questione: secondo l’ultimo rapporto Frontex, dall’inizio dell’anno sono già oltre 275 mila gli ingressi irregolari alle frontiere dell’Unione, il dato più alto dal 2016. Di questi, la maggior parte sono stati registrati nei Balcani Occidentali (130 mila), ma all’incirca 90 mila rientrano nella rotta che dalle coste libiche arriva ai porti siciliani e calabresi, in aumento del 48 per cento rispetto all’anno precedente.
In questo contesto la Commissione presenterà il Piano d’azione al Consiglio straordinario Affari Interni del prossimo 25 novembre, convocato in fretta e furia dopo lo scontro sull’asse Parigi-Roma, in aggiunta a quello dell’8 dicembre, dove secondo Johansson “si faranno passi avanti sul nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo”. Per la commissaria questo rimane comunque “l’unica via per un quadro europeo solido e comprensivo per affrontare le sfide migratorie”. Il tema sarà anche affrontato in un “key debate” all’emiciclo di Strasburgo mercoledì mattina.
“Non possiamo gestire la migrazione caso per caso, barca per barca. È possibile trovare soluzioni strutturali solo adottando il nostro Patto Ue”, ha scritto in un tweet il vicepresidente della Commissione Ue, Margaritis Schinas, che ha tra le sue deleghe quella alla migrazione. Il problema è che il Patto, che dovrebbe ripesare e equilibrare l’impegno degli Stati membri e abbandonare parzialmente il meccanismo del Paese di primo approdo stabilito dal sistema di Dublino, procede a rilento: per questo si è reso necessario l’accordo estivo, sotto la presidenza francese, sul Meccanismo di solidarietà per i ricollocamenti, e ora un nuovo Action Plan per fissare i punti cardine degli interventi sul tema.
Il piano d’azione della Commissione
Delle tre aree di intervento indicate dalla Commissione, la più densa risulta essere quella che riguarda la dimensione esterna del fenomeno: Johansson ha ricordato che sul piatto ci sono 580 milioni di euro, finanziati attraverso l’Ndici- Europa globale, per sostenere i Paesi del Nord-Africa (Libia, Tunisia e Egitto su tutti) in programmi per “favorire la crescita economica, l’occupazione e la prosperità” nella regione e per “rafforzare le capacità di Tunisia, Egitto e Libia per garantire una migliore gestione delle frontiere e della migrazione”, si legge nel piano. “C’è un evidente bisogno di lavorare con i Paesi terzi per prevenire le partenze”, ha dichiarato Johansson, menzionando i risultati raggiunti in termini di diminuzione di ingressi di migranti sub-sahariani grazie alla partnership anti-smuggling (anti-trafficanti) stipulata con il Niger, e alla collaborazione con le Nazioni Unite e con l’Unione africana sui “Resettlement Programme”, attraverso cui “più di 60 mila persone sono volontariamente rientrate nei Paesi d’origine, 3 mila solo nel 2022”.
Quando non si riesce a evitare le partenze, c’è da intervenire nella fase di ricerca e soccorso, a cui è dedicato il secondo capitolo dell’Action Plan. La commissaria Ue agli Affari interni ha ribadito ancora una volta che salvare vite in mare è un “chiaro e inequivocabile obbligo legale”, ma ha ammesso che “la situazione attuale con le imbarcazioni private che operano in mare è uno scenario non ancora sufficientemente chiaro”. La ricetta proposta dalla Commissione, in un’area spinosa a causa della competenza statale nelle proprie zone di ricerca e salvataggio (Sar), è una maggiore cooperazione tra Stati membri, Paesi costieri e Stati di bandiera delle navi Ong. Johansson ha garantito che nel nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, che la Commissione vorrebbe vedere operativo entro la fine di questo mandato (febbraio 2024), è affrontata anche la questione tanto cara al governo italiano del codice di condotta in mare, oltre che un approccio condiviso e coordinato attraverso un gruppo europeo “search&rescue”.
Gli ultimi tre punti del Piano d’azione riguardano l’implementazione del Meccanismo di solidarietà firmato lo scorso 22 giugno da 18 Paesi membri. Guardando i numeri, il problema è lampante: se l’accordo è riuscito a mettere insieme la disponibilità a 8 mila ricollocamenti dai Med-5 (Italia, Spagna, Grecia, Cipro e Malta) verso gli altri Stati firmatari, in realtà fino a oggi i trasferimenti effettivi sono stati solo 112 (38 in Francia e 74 in Germania). Per Johansson il meccanismo temporaneo “è un’opportunità di imparare la lezione verso il futuro sistema permanente previsto dal Patto”. È evidente, secondo la commissaria, la necessità di “rivedere le procedure per velocizzare i ricollocamenti, migliorando la flessibilità e razionalizzando i processi”.
Johansson non ha dubbi sulla solidarietà francese, nonostante le dichiarazioni del ministro dell’interno transalpino che, appena una settimana fa, aveva detto di voler sospendere l’accordo di ricollocamento, invitando tutti gli altri Paesi firmatari a fare lo stesso in risposta al rifiuto italiano di accogliere la Ocean Viking. “È grazie alla presidenza francese che abbiamo costruito il meccanismo di solidarietà, per cui sono certa che Parigi continuerà il dialogo in modo costruttivo, com’è sempre stato”.
Di questo e di tanti altri temi di attualità nelle politiche europee si discuterà nel nono appuntamento annuale di Eunews “How Can We Govern Europe?“, in programma a Roma il 29 e 30 novembre negli spazi delle rappresentanze di Commissione e Parlamento europei, in piazza Venezia.