Bruxelles – Una vittoria a metà. Da un lato un accordo da molti considerato storico per sostenere finanziariamente i Paesi più poveri contro le perdite e i danni provocati dai cambiamenti climatici, ma dall’altra scarsi o nulli passi avanti sulla decarbonizzazione e la riduzione delle emissioni. Poco dopo l’alba di domenica 20 novembre i quasi 200 Paesi che hanno preso parte alla Conferenza sul clima delle Nazioni Unite (la COP27) di Sharm el-Sheikh, hanno trovato un accordo per istituire nei prossimi anni un fondo globale dedicato a proteggere i Paesi più esposti ai cambiamenti climatici (“loss and damage fund”) dai danni e dalle perdite dovute al clima di cui sono solo in minima parte responsabili, una iniziativa discussa per anni e su cui mai si era trovato un accordo.
After two weeks of extensive negotiations, #COP27 has concluded with a hallmark implementation plan #SHIP, and a historic deal for agenda item and outcome on #LossAndDamage funding. pic.twitter.com/clEmx0TV7x
— COP27 (@COP27P) November 20, 2022
Il “come” sarà finanziato dai Paesi ricchi dovrà essere stabilito in seguito, e a questo si legherà il reale successo di questa 27esima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, il principale appuntamento internazionale nella lotta ai cambiamenti climatici. L’accordo manca di molti dettagli e per molti per ora resta un guscio vuoto che deve essere riempito (un comitato con i rappresentanti di 24 Paesi si riunirà il prossimo anno per decidere nello specifico quali Paesi saranno beneficiari del fondo e quali dovranno sovvenzionarlo). Ma è un fatto che i negoziati abbiano portato a includere nel dibattito internazionale sul clima il problema delle “perdite e danni” subiti dai Paesi poveri o in via di sviluppo che sono responsabili meno dei grandi emettitori, cosa che prima d’ora non era mai riuscita ed è stata a lungo motivo di frattura tra nazioni ricche e povere. Ci si era andati vicini anche lo scorso anno alla COP26 di Glasgow, nel Regno Unito, ma l’iniziativa è stata infine respinta dalle economie ricche.
La COP27 avrebbe dovuto chiudersi venerdì 18 novembre, ma (come spesso accade) i lavori sono proseguiti anche nel fine settimana, arrivando a un accordo solo domenica. L’intesa trovata lascia anche l’Unione europea soddisfatta solo a metà. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha descritto l’accordo come “un piccolo passo verso la giustizia climatica”, aggiungendo però che è necessario “molto di più per il pianeta”. “Abbiamo curato alcuni dei sintomi ma non curato il paziente dalla sua febbre”, ha precisato in una nota, dicendosi lieta “che la Cop27 abbia aperto un nuovo capitolo sul finanziamento delle perdite e dei danni e abbia gettato le basi per un nuovo metodo di solidarietà tra chi ha bisogno e chi può aiutare”. In quanto leader dell’Esecutivo europeo ha assicurato che l’Ue “manterrà la rotta, in particolare attraverso il Green Deal europeo e il REPowerEU”, il piano presentato a maggio per affrancarsi dai combustibili fossili russi.
La nota negativa, secondo i decisori europei, è che se da un lato si è ribadito l’impegno sottoscritto a Parigi a circoscrivere il surriscaldamento globale entro i 1,5 C, d’altro canto non c’è stato alcun impegno dei principali emettitori mondiali di ridurre gradualmente l’impiego dei combustibili fossili (come il carbone, ma l’Ue spingeva anche sul gas e il petrolio) né nuovi impegni sulla mitigazione del clima, su cui nella sostanza non si è deciso nulla. Dopo i primi giorni di vertice di leader in cui l’Ue è stata rappresentata da von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, durante l’ultima settimana la squadra negoziale dell’Ue è stata rappresentata dal vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, che nella conferenza stampa a conclusione del vertice non ha nascosto la delusione per un accordo al ribasso. “L’Unione europea è venuta qui per ottenere un accordo forte e siamo delusi di non essere riusciti a raggiungere questo obiettivo”, ha messo in chiaro, assicurando che l’Ue coglierà l’opportunità dei prossimi 12 mesi per trovare il coraggio di fare di più”.
Impegni al rialzo alla Cop27
Ma la presenza dell’Ue in Egitto non era legata solo ai negoziati sul clima ed è evidente dalle partnership siglate a margine dei lavori della Cop27con i partner africani e asiatici per accaparrarsi materie prime e altri materiali raffinati indispensabili per attuare la transizione verde del Green Deal. Nel corso della prima settimana di lavori ufficiali, Bruxelles aveva già siglato due memorandum d’intesa, prima con il Kazakistan e poi con la Namibia su materie prime, idrogeno rinnovabile e batterie. Nel corso degli ultimi giorni, ha poi siglato un partenariato con l’Egitto per lo sviluppo di idrogeno rinnovabile. Asia e Africa, che l’Unione europea ritiene continenti strategici per rafforzare la sua strategia sulle materie prime e affrancarsi dalla dipendenza dalla Russia e dalla Cina per la produzione di tecnologie pulite e idrogeno rinnovabile.
Ma per l’Europa questa Cop27 è stata anche l’occasione per mettere in chiaro il lavoro che vuole fare per alzare le ambizioni globali sul clima. Perché è da Sharm el-Sheikh che il vicepresidente Timmermans ha annunciato che l’Ue è pronta ad aumentare il suo obiettivo di riduzione delle emissioni del 57 per cento entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990), dal precedente obiettivo del 55 per cento entro il decennio come sottoscritto nella Legge Ue sul clima. La base per assicurare un aumento degli obiettivi climatici dell’Ue sono i più recenti accordi tra istituzioni su alcuni dei principali dossier del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ tra cui i limiti di CO2 per le auto diesel e benzina, la condivisione dello sforzo e l’assorbimento di almeno 310 milioni di tonnellate di carbonio attraverso le cosiddette rimozioni dal suolo e dalle foreste.
Di questo e di altri grandi temi oggi nell’agenda europea si discuterà durante la nona edizione di “How Can We Govern Europe?” l’evento annuale di Eunews.