Bruxelles – Dall’Aula del Parlamento europeo a quella del tribunale. La Conferenza sul futuro dell’Europa finisce alla sbarra, con accuse di violazione della privacy e inosservanza delle regole Ue in materia di tutela e protezione dei dati personali. Nell’occhio del ciclone il sito internet della manifestazione nota come Cofoe. La piattaforma non avrebbe rispettato requisiti e standard previsti dal regolamento sulla protezione dei dati conosciuto come Gdpr, dall’abbreviazione in lingua inglese.
La vicenda passa praticamente inosservata. La Cofoe si svolge regolarmente in tutto il suo programma e il suo percorso. Si producono raccomandazioni, ben 49, per cercare di riformare ‘dal basso’ il progetto comune e dopo un anno di lavori, incontri, dibattiti, conferenze, il 9 maggio scorso la cerimonia di chiusura. Tutto bene, o quasi. In Germania scatta la denuncia, e in Parlamento esponenti del mondo meno euro-entusiasta chiedono ragguagli.
Jordan Bardella, esponente di Rassemblement National, deposita un’interrogazione in data 30 agosto in cui denuncia che “i dati personali dei cittadini dell’Ue sono stati trasferiti dal sito web della Conferenza sul futuro dell’Europa (ospitato da Amazon Web Services) negli Stati Uniti”. Johannes Hahn, commissario al Bilancio incaricato di rispondere a nome del collegio, conferma che “c’è una causa pendente” a Lussemburgo avviata nel contesto della gestione della piattaforma della Conferenza sul futuro dell’Europa. Hahn ostenta sicurezza dicendo che le prove fornite nel presentare la difesa sono tali da dimostrare la non colpevolezza del team von der Leyen e l’estraneità dalla accuse.
Innocenti fino a prova contraria, si attende ora il giudizio dei giudici. Certo è che l’Europa che pretende di essere dei cittadini e per i cittadini di fronte a questi ultimi non fa una bella figura.