Roma – L’infodemia è stata una delle tante conseguenze della pandemia da Covid. Un aspetto del dramma che ha dimostrato che “il metodo scientifico non può essere democratico”. Walter Ricciardi, consigliere scientifico del ministero della Salute, racconta il dialogo tra scienza e cittadini durante gli anni di pandemia intervenendo all’evento di Eunews e Gea ‘Pandemie, strategia farmaceutica e transizione ecologica’. “Dibattiti accesi tra scienziati ci sono sempre stati nella storia, questa volta, però, quello che è successo è che sono avvenuti davanti alla tv”, spiega. Il match tra esperti sul ring dell’informazione è stato continuo e disorientante per molti.
Parallelamente, nell’arena dei social media tutto è stato preso sul serio, soprattutto le fake news. “La gente vuol sentirsi dire che il virus non c’è più, che è morto“, osserva. Eppure, se ci siamo liberati del lockdown, è perché sono arrivati le restrizioni e i vaccini. “Il problema è che ora le mascherine non le porta più nessuno. Ci saranno ancora molti morti“, prevede.
La quarta dose del vaccino non è ancora così diffusa. Tra gli ultraottantenni ha scelto di farla meno del 30%, meno del 20% tra gli ultra 70enni. Qui, gioca un ruolo fondamentale l’informazione istituzionale: “Ci vuole una comunicazione martellante sulla necessità di fare i vaccini. Quando verrà il freddo, ci si ammalerà di più e chi non sarà protetto dalla quarta dose sarà a rischio”.
In termini numerici, soltanto il 2-3 per cento degli italiani è ideologicamente contrario ai vaccini, il 70 per cento è favorevole, il 20-30 per cento è esitante perché spaventato. “Noi il lavoro comunicativo importante lo dobbiamo fare su questa fascia”, insiste Ricciardi.
Covid e lockdown hanno avuto conseguenze devastanti anche sulla salute mentale degli italiani. Nonostante questo, però, denuncia Damiano Rizzi, presidente di Soleterre Onlus, “ancora oggi la salute mentale è ancora molto marginale nel nostro sistema sanitario, che pure è tra i migliori del mondo”. Il bonus psicologico, lamenta, è “grandemente insufficiente”. Solo uno su nove richiedenti potrà avervi accesso, “è un primo segnale all’interno di un percorso che però è tutto da costruire”.