Bruxelles – Il tema energia è centrale, ad ogni latitudine e in ogni settore. Non solo per i passi in avanti che le istituzioni comunitarie potrebbero compiere, perché in un quadro come quello attuale vanno valutati anche (soprattutto) gli errori o, peggio ancora, il rischio di una pericolosa stasi. A lanciare l’allarme sono i protagonisti della Conferenza congiunta Cese-Cnel su ‘Geopolitica delle strategie energetiche nella regione euro-mediterranea’, che si è svolta il 17 ottobre, a Roma, nella sede del Comitato nazionale dell’economia e del lavoro. “Nel 2023 c’è il rischio concreto di una pesante recessione” come emerge dai primi segnali sull’inflazione altissima registrati nell’area euro“, è l’avviso. “Per uscire dalla crisi energetica serve un’azione congiunta Ue-Stati membri con un Piano simile al Next Generation adottato per contrastare la crisi dovuta all’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia“, fanno sapere i relatori. Che insistono. “Nessun Paese può agire in proprio mettendo in campo iniziative singole per il contrasto al caro energia e all’aumento delle materie prime”.
La guerra in Ucraina e la crisi del gas “hanno posto in evidenza il tema della ricerca dell’autonomia energetica anche nell’area euro-mediterranea”, continuano. “Tra i Paesi europei e quelli africani della sponda mediterranea è necessario un reale partenariato improntato a criteri condivisi di sviluppo e sostenibilità. E il metodo è quello del dialogo sociale al fine di instaurare una politica comune per la lotta ai cambiamenti climatici, per la garanzia della sicurezza degli approvvigionamenti in armonia con gli obiettivi legati alla sostenibilità e per un benessere veramente comune”.
“Le misure finora ipotizzate come la possibilità di utilizzare le risorse residue dei Fondi UE 2014-2020 non impegnate o la tassazione degli extra-profitti non sono sufficienti a fronteggiare la crisi energetica”, ha detto il presidente del Cnel, Tiziano Treu, convinto del fatto che “l’Europa dove i vertici politici formali e informali si susseguono senza esito, deve fare di più, deve decidere su una risposta unitaria e solidale di fronte alla crisi energetica, che appare peggiore della crisi pandemica”.
Anche la presidente del Comitato economico e sociale europeo, Christa Schweng, è convinta che la guerra in Ucraina “ha posto l’energia al centro delle relazioni euro-mediterranee”, e che per questo motivo “dobbiamo intensificare la nostra cooperazione in tutta la regione e garantire una transizione di successo verso un sistema energetico sostenibile in grado di migliorare la sicurezza energetica e la nostra autonomia”. Tali riforme, ha suggerito, “possono essere realizzate solo con il pieno coinvolgimento della società civile organizzata”. In questo settore, “serve maggiore solidarietà all’interno dell’Ue e nei rapporti con i Paesi terzi”.
Gian Paolo Gualaccini, consigliere e coordinatore della commissione per le Politiche europee del Cnel, ha ricordato l’aspetto economico della questione. “Molti settori economici sono in ginocchio e centinaia di imprese rischiano la chiusura con conseguente aumento della disoccupazione”, e già adesso “migliaia di famiglie sono in difficoltà”. Per cui, insiste anche lui, “come avvenuto durante la pandemia serve urgentemente un piano emergenziale e soprattutto un’Europa unita e solidale capace di impegnare il proprio bilancio per sostenere tutti i Paesi membri”. A suo giudizio “è questo l’unico modo che consentirà di proseguire il percorso di sviluppo delle fonti rinnovabili per realizzare una autonomia energetica europea”.
Non finisce qui. per Gualaccini “bisogna fissare un tetto al prezzo del gas, come sostenuto dai 15 Paesi membri dell’Ue, disaccoppiando il prezzo da quello dell’elettricità, sui mercati all’ingrosso e al dettaglio, e introdurre una reale borsa europea del gas sganciata dalle tendenze speculative di quella di Amsterdam”.
Una linea condivisa anche da Grammenos Mastrojeni, vicesegretario generale Unione per il Mediterraneo responsabile per l’energia e il clima. “Nessuno dei Paesi della regione euro-mediterranea, neanche i più ricchi, ha risorse sufficienti per affrontare da solo una crisi di tale ritmo e ampiezza. Ma insieme si può fare”. Se si riesce a procedere in tal senso, “oltre ad affrontare efficacemente il cambiamento climatico, costruiremo quell’economia condivisa e più equa che potrà finalmente raggiungere anche una pace stabile in tutti gli angoli della nostra regione”.