Bruxelles – “Non ho alcun Paese nella mia testa”, ma le regole, che si tratti di Italia o di altri, sono le stesse per tutti. Christine Lagarde si ritrova a dover parlare anche del Paese che passerà la guida da Mario Draghi a Giorgia Meloni e di ciò che si prospetta nei mesi a venire. La presidente della Banca centrale europea, in audizione in commissione Affari economici, si ritrova a dover affrontare un argomento che affronta con abilità. Schiva la domanda diretta sul voto, ma offre comunque elementi al governo che da qui alle prossime settimane si formerà. Il nuovo scudo anti-spread della Bce, è lì, ma legato a criteri su cui non si faranno sconti. In alternativa c’è il programma tradizionale di acquisto di titoli pubblici, le cui condizioni però sono dettate da Francoforte.
Lo scudo anti-spread lanciato questa estate, se richiesto, si attiva “a quattro condizioni”, ricorda Lagarde. Rispetto delle regole di bilancio dell’Ue, assenza di squilibri macro-economici gravi, sostenibilità di bilancio; politica macroeconomica sana. Quindi la precisazione. E’ concepito per una situazione in cui “le cose vanno secondo il percorso stabilito, nel rispetto delle regole e del quadro regolatorio”. Basta una deviazione, e non si può utilizzare il parafulmine dell’Eurosistema. Questo qui, perché ce ne sono altri.
“Se lo Strumento di protezione dalla trasmissione dei rischi non dovesse funzionare abbiamo altri strumenti come l’OMT”, ricorda ancora la responsabile dell’Eurotrower. Le ‘operazioni definitive monetarie’ (questo il significato della sigla inglese OMT), sono acquisti di titoli pubblici a breve termine, con scadenza compresa tra uno e tre anni, quale risposta alla crisi dell’euro. Ma questa opzione risponde invece a condizioni che rimandano al fondo salva-Stati ESM (o MES, Meccanismo europeo di stabilità), e la necessità di sottoscrivere piani con loro.
Insomma, Lagarde ricorda che se l’Italia dovesse condurre politiche tali da mettere il sistema Paese sotto pressione, in caso di necessità dovrebbe fare le riforme dettate da Bruxelles, o le condizioni dettate da Francoforte e Lussemburgo, a seconda del caso di intervento richiesto.