Sì a Jean-Claude Juncker presidente della Commissione, ma solo se ci sarà “un documento che indica chiaramente in che direzione vuole andare l’Europa”. È questa la (debole) posizione su cui hanno concordato i leader del Partito socialista europeo, nel corso della riunione che precede la due giorni di consiglio europeo tra Ypres et Bruxelles. A spiegarlo è il presidente del Consiglio, Matteo Renzi lasciando il vertice. Questa, ha spiegato, “è la posizione passata al Pse, ora bisogna convincere gli altri”.
Come Renzi ha sempre ribadito, prima dei nomi vengono le cose da fare e c’è da capire soprattutto quali risposte arriveranno alle richieste italiane di maggiore flessibilità nell’interpretazione del Patto di stabilità. L’ultima bozza di programma per la futura Commissione che sta circolando, in cui l’uso dei margini diventa “buono” e non più “pieno”, commenta Renzi, “è un passo avanti. C’è ancora qualcosa da limare – dice – vedremo stasera cosa ci porta Van Rompuy”.
Quella dell’Italia, aveva spiegato il premier entrando alla riunione, non è una lotta solo del nostro Paese, che “non ha qualcosa da portare a casa contro gli altri o a differenza degli altri”. Si tratta di “una scommessa” che “tutti insieme” bisogna fare sulla crescita: “Se vogliamo bene all’Europa dobbiamo darci una smossa e preoccuparci di più della crescita e della lotta alla disoccupazione di quanto abbiamo fatto finora”.
E per potere puntare alla crescita, concordano tutti, fondamentale aumentare i margini di flessibilità: “Oggi mi pare che su questo principio ci sia una più larga convergenza”, spiega il presidente ad interim del Parlamento europeo, Gianni Pittella. “Starà al Parlamento e alla Commissione – aggiunge – decrittare il principio in misure concrete, che dovrebbero garantire una maggiore operatività ai governi nazionali nell’investimento nei settori strategici, nello sviluppo delle pmi, nel capitale umano e nella crescita”.
“La questione di più flessibiltà che porta a più crescita è un punto chiave e trovo il dibattito dei giorni scorsi incoraggiante”, concorda il capogruppo socialista al Parlamento europeo, Martin Schulz. Sull’opposizione di Cameron, che promette battaglia contro la candidatura di Jean-Claude Juncker a presidente della Commissione Schulz commenta : “L’Ue è più forte con il Regno Unito ma anche il Regno Unito è più forte con l’Ue. Sta al governo britannico decidere se vuole essere coinvolto nel processo decisionale europeo o se stare ai margini solo per l’opposizione di una persona”.
I principali punti in agenda sono “crescita e occupazione” concorda anche il presidente francese, François Hollande, aggiungendo: “Se vogliamo che gli impegni siano rispettati è legittimo e necessario che ci sia la giusta flessibilità”. Sulle nomine Hollande commenta: “Mi sembra ci sia un largo consenso su Juncker ed è il momento che l’Ue decida”. Prima, però, “ci sono i programmi”.
Sulle nomine si sbilancia anche la premier della Danimarca, Helle Thoring Schmidt che alcuni indicano come possibile futuro presidente del Consiglio Ue. “Non sono candidata – assicura – sono la premier della Danimarca, che è un bellissimo Paese e in questo momento sono concentrata su questo lavoro”.