Bruxelles – Nessuna interferenza con le elezioni politiche italiane. A poco più di 24 ore dalla chiamata alle urne del 25 settembre, in cui gli elettori italiani voteranno per rinnovare le Camere del Parlamento che daranno legittimità anche a un nuovo governo, scoppia un nuovo caso von der Leyen che finora aveva mantenuto il massimo silenzio sulle elezioni nel Paese, esattamente come per tutte le altre consultazioni elettorali.
Rispondendo a una domanda sulle preoccupazioni per il voto in Italia (che potrebbe portare a Palazzo Chigi il centrodestra guidato da Giorgia Meloni) in un dibattito all’Università di Princeton (il video completo è qui), la presidente della Commissione europea ieri (22 settembre) ha detto che “vedremo i risultati delle elezioni. Abbiamo appena avuto delle elezioni anche in Svezia e il mio approccio è che qualunque governo democratico sia disposto a lavorare con noi, ci lavoreremo”. Ha poi osservato che nelle dinamiche del funzionamento del Consiglio europeo, sede di confronto tra i capi di stato e governo, non “sei solo un Paese che viene a dire “voglio, voglio”, ma sei nel Consiglio e all’improvviso ti rendi conto che il futuro e il benessere dipendono anche dagli altri 26″ Paesi membri. Detto questo, ha aggiunto che “se le cose vanno in una direzione difficile, e ho parlato prima di Polonia e Ungheria, abbiamo gli strumenti”.
E’ quest’ultima frase quella incriminata, che ha portato vari esponenti della politica italiana ad accusare von der Leyen di ingerenza politica, strumentalizzandone le parole. La presidente ha fatto un discorso più generale sul ruolo della democrazia nelle nostre società, definendola “un costante lavoro in corso. Non è mai finita, non è mai sicura. Non si può mettere in una scatola e la si mantiene, ma è questione di come le persone si battono per essa”, ha detto, rivolgendosi alla platea per ricordare il ruolo di “ognuno di voi” nel mantenimento della tenuta democratica delle istituzioni.
Il messaggio era chiaro, da parte di Bruxelles c’è interesse a lavorare con qualunque governo democraticamente eletto che voglia lavorare con Bruxelles. Quando ci si allontana dal perimetro democratico, come Ungheria e Polonia (ma come qualunque altro Paese), l’Ue ha degli “strumenti” per reagire, dal meccanismo di condizionalità sul bilancio alle procedure di infrazione. A ribadirlo anche oggi è stato il portavoce della Commissione Ue, Eric Mamer, interrogato sulla questione nel briefing quotidiano con la stampa. “La presidente non è intervenuta nelle elezioni italiane”, ha detto con fermezza, spiegando che “quando ha parlato di strumenti ha fatto riferimento a procedure che sono già applicate in altri paesi. La presidente ha messo in evidenza il ruolo di guardiano dei trattati della Commissione, in particolare nel settore dello stato di diritto”. Mamer ha poi ribadito che von der Leyen “ha esplicitamente detto nella sua risposta che la Commissione lavorerà con ogni governo che uscirà dalle elezioni e che ha la volontà di lavorare con la Commissione”.
Nelle prime ore del mattino non si è fatta attendere la replica della politica italiana. “Cos’è, una minaccia? Vergognosa arroganza. Rispetti il voto, libero, democratico e sovrano del popolo italiano!”, ha scritto in un tweet il leader della Lega Matteo Salvini. Ha aggiunto che Lega cercherà le firme nel Parlamento europeo per portare una mozione di censura nei confronti della presidente. Per avere successo, la mozione di censura deve essere presentata da almeno un decimo dei parlamentari e deve essere approvata a maggioranza dei due terzi dei voti espressi e a maggioranza dei deputati che compongono il Parlamento, secondo l’articolo 119 del regolamento dell’Eurocamera. Nella sostanza, la mozione di censura è un provvedimento con cui l’Europarlamento esprime il proprio parere negativo sull’operato della Commissione. Una vera mozione di sfiducia che, se approvata da Strasburgo, costringe i membri della Commissione a dimettersi.
“Sono sicuro che ci sarà un chiarimento da parte di Ursula von der Leyen perché è ovvio che queste frasi dette due giorni prima del voto finiscono per avere un effetto che non è assolutamente, sono sicuro, quello che lei voleva usare”, ha detto Enrico Letta, segretario del Pd, aggiungendo che si tratta di una frase che va chiarita perché se specificamente applicata all’Italia è ovvio che è un elemento che in questa fase elettorale provoca parecchio casino”. Da Italia Viva anche Matteo Renzi ha replicato “che non ci aspettiamo giudizi sul nostro libero gioco democratico. Rivendichiamo il diritto di scegliere i nostri rappresentanti. Alla presidente della Commissione diciamo di rispettare il suo ruolo e lavorare per una Ue dove il presidente della Commissione viene eletto direttamente dai cittadini”.