Strasburgo, dall’inviata – Cambiare il processo decisionale sì, ma senza mettere mano ai trattati su cui l’Unione europea oggi si fonda. Si mostra decisa Sanna Marin di fronte all’Europarlamento di Strasburgo nel rifiutare l’idea di una riforma strutturale dell’architettura democratica dell’Unione. “Possiamo soddisfare le esigenze” di riforma che rispondano alle grandi sfide dell’umanità rimanendo “nel quadro esistente, ad esempio aumentando le decisioni a maggioranza qualificata nel campo della politica estera e di sicurezza comune”, ha affermato nel suo intervento di questa mattina (13 settembre) alla sessione plenaria del Parlamento europeo riunito a Strasburgo, come parte del ciclo di dibattiti dal titolo “Questa è l’Europa” con i leader europei che, uno alla volta, stanno indicando agli eurodeputati qual è la loro idea di futuro dell’Europa.
E’ in questa occasione che Marin cita la necessità di “prendere sul serio la voce dei cittadini e le nuove proposte emerse nella Conferenza sul futuro dell’Europa“, l’unico esercizio di democrazia partecipativa nella storia dell’UE che per quasi dodici mesi ha portato 800 cittadini – casualmente selezionati da tutti e Ventisette gli Stati membri – a sedersi sugli scranni dell’Emiciclo di Strasburgo per discutere di futuro dell’Unione Europea e per individuare con quali priorità andare a rendere più solido il progetto di integrazione comunitaria. L’esercizio ha avuto pochi meriti se non almeno il risultato di riaprire l’annoso dibattito sulla necessità di riformare i trattati per risolvere alcune carenze del progetto europeo, a partire dalla lentezza con cui si prendono le decisioni a livello comunitario su temi sensibili come le sanzioni o più in generale la politica estera. Ma le Capitali restano divise.
“I nostri cittadini non hanno chiesto tanto cambiamenti istituzionali, quanto riforme che rispondano alle grandi sfide dell’umanità e alle loro preoccupazioni quotidiane. Possiamo soddisfare queste esigenze già nel quadro attuale”, ha sottolineato, ammettendo “la necessità di cambiare”, per essere “più coraggiosi e anche più capaci”. Ma ribadendo anche la capacità dell’Unione europea di funzionare dipende fondamentalmente dalla sua volontà politica di agire. La riflessione cui esorta gli eurodeputati è quella di abbracciare il cambiamento, ma lavorare prima di tutto su una “volontà politica” da parte degli Stati membri, che nell’Ue spesso manca.
La riforma del processo decisionale in seno al Consiglio è stata uno dei temi chiave della Conferenza sul futuro dell’Europa, tanto che alla fine la richiesta è confluita anche nella relazione conclusiva adottata a Strasburgo lo scorso 9 maggio. La stessa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha aperto in maniera sostanziale alla necessità di superare il voto all’unanimità in seno al Consigli che spesso blocca le decisioni o le rallenta, affrontando il tema senza taboo (anche quelli relativi alla riforma dei trattati). La posizione di Marin non è nuova, dal momento che la Finlandia si è fatta promotrice insieme ad altri dodici Paesi europei – Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia – di un non paper fatto circolare proprio durante la conclusione dei lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa in cui i Paesi si sono opposti formalmente alla modifica dei Trattati europei, definendo “prematuro” aprire la riforna dei trattati. Nel documento i tredici Paesi definiscono la Conferenza sul futuro dell’Europa “un esercizio democratico senza precedenti” ma ricordano che “la modifica dei Trattati non è mai stata uno scopo della Conferenza” e “ciò che conta è affrontare le idee e le preoccupazioni dei cittadini”.
In effetti c’è un modo per dare seguito alle proposte aggirando la necessità di riformare i trattati ed è sfruttare le cosiddette “clausole passerella” per passare a un voto a maggioranza qualificata in alcuni settori politici dove ora è richiesta l’unanimità, come la politica estera. L’opzione è una procedura introdotta dal Trattato di Lisbona che consente di modificare i Trattati europei attraverso una modalità semplificata, permettendo in seno al Consiglio europeo il voto sulla singola proposta di modifica senza l’unanimità degli Stati ma con una maggioranza qualificata. Palazzo Berlaymont si esprime a sostegno di un approccio di questo tipo per quanto riguarda l’energia, la fiscalità e per aspetti importanti della politica estera e di sicurezza comune come sanzioni e diritti umani. La presidente von der Leyen ha promesso che le prime iniziative per dare un seguito politico al dibattito sul futuro dell’Europa arriveranno nel suo discorso sullo stato dell’Unione, che pronuncerà domani di fronte all’Eurocamera.