Bruxelles – Duri attacchi contro Atene, anche se le destre – in particolare quella greca – prendono tempo e passano alla controffensiva. Lo scandalo dello spyware Predator, che da un mese ha travolto il governo del premier conservatore Kyriakos Mitsotakis, è arrivato nell’Aula dell’Eurocamera a Strasburgo e la maggioranza dell’emiciclo vuole spiegazioni dalla Grecia per quelle che vengono considerate a tutti gli effetti violazioni dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali dei cittadini.
A spiccare durante il dibattito in sessione plenaria di ieri sera (martedì 12 settembre) è stato proprio l’intervento dell’eurodeputato da cui tutto lo scandalo è partito: Nikos Androulakis (S&D), leader del Partito Socialista (Pasok) di opposizione. “Il mio cellulare è stato intercettato e sono stato sorvegliato nel periodo delle elezioni per la leadership del Partito Socialista“, ha esordito l’eurodeputato greco, ringraziando i servizi del Parlamento Europeo attivati dopo che la presidente Roberta Metsola a maggio aveva deciso di reagire con decisione allo scandalo del CatalanGate, in cui erano rimasti coinvolti cinque eurodeputati indipendentisti catalani. Da allora il servizio dell’Eurocamera permette a tutti gli europarlamentari che ne facciano richiesta di esaminare i propri smartphone, per verificare se sono stati oggetto di spionaggio attraverso spyware. Androulakis se ne era avvalso a fine giugno a livello precauzionale e dal primo controllo è stato rilevato un link legato allo spyware Predator, sviluppato in Israele. “Per motivi formali sono stato seguito e sorvegliato dai servizi segreti, ma il dossier è stato distrutto quando si è saputo che ho presentato querela” alla Corte suprema.
Androulakis ha poi attaccato direttamente Mitsotakis, per lo stretto legame con i protagonisti dello scandalo che si sono dimessi dalle rispettive cariche (il capo dei servizi d’intelligence, Panagiotis Kontoleon, e il segretario generale dell’ufficio del primo ministro, Grigoris Dimitriadis, nipote dello stesso premier): “Deve dire la verità, anziché raccontare fandonie”. Per l’eurodeputato S&D “il Grande Fratello nel cuore dell’Europa è inaccettabile, i responsabili ne devono rendere conto” e il paragone è durissimo: “Erdoğan e Putin minacciano la libertà e la democrazia, ma chi li condanna sta imitando le loro pratiche”, è l’affondo del leader dell’opposizione greca. “Controllo dei media e sorveglianza degli oppositori non hanno niente a che fare con lo Stato di diritto né con i valori europei” ed è per questo che “il Parlamento Europeo deve capeggiare un movimento di protezione dei diritti di tutti i cittadini“, ha chiuso il suo intervento Androulakis.
Come per lo spyware Pegasus – che per ora ha coinvolto i governi di Polonia, Ungheria e Spagna – anche Predator, ora al centro del “nuovo WaterGate in Grecia”, sfrutta i difetti del software dello smartphone per raccogliere informazioni sulle attività online di un utente senza il suo consenso, come conversazioni, e-mail, messaggi, foto, video. Lo spyware permette anche di trasformare il dispositivo in un registratore audio e video per sorvegliare in tempo reale il contatto intercettato. “Non siamo in grado di valutare in che misura la sicurezza nazionale possa essere giustificata nel caso concreto, valuteremo la situazione alla luce delle informazioni che ci arriveranno dopo la lettera inviata ad Atene dai servizi della Commissione”, ha messo in chiaro davanti all’emiciclo il titolare per la Giustizia, Didier Reynders. Lo stesso commissario ha ricordato che “la questione dell’uso di spyware è presente anche nel capitolo sulla Grecia del Rapporto 2022 sullo Stato di diritto in Europa”, senza dimenticare che Atene si trova al 108esimo posto su 180 Paesi nell’Indice mondiale della libertà di stampa 2022 di Reporters sans frontières, la posizione più bassa tra tutti gli Stati membri Ue.
Durissime le critiche arrivate anche dagli altri gruppi al Parlamento Ue. “Nella culla della democrazia, lo Stato di diritto viene a mancare, se non prendiamo posizione immediatamente gli attacchi allo Stato di diritto peggioreranno”, ha avvertito Saskia Bricmont (Verdi/Ale), mentre Konstantinos Arvanitis (La Sinistra) si è scagliato direttamente contro il premier greco: “Il nome di questo scandalo è Mitsotakis, tutti potremmo essere intercettati, se parliamo con il nostro collega Androulakis”. Anche per Laura Ferrara, eurodeputata del Movimento 5 Stelle, “il problema non è solo nazionale, ma europeo“, perché “a essere minacciati sono i nostri valori comuni, i diritti fondamentali, la democrazia e lo Stato di diritto”. Sophia In ‘t Veld (Renew Europe) ha esortato poi la Commissione a prendere una posizione più netta: “Deve proteggere i cittadini, non i governi nazionali che li spiano per motivi politici”.
Sugli scudi invece le destre, con Identità e Democrazia che ha ribaltato la questione (“Tutti si indignano se qualcuno di questa Assemblea viene spiato, ma non se succede ai cittadini comuni”, è stato l’intervento la tedesca Christine Anderson), mentre il Ppe ha seguito una doppia strategia: contrattacco per gli esponenti greci, in difesa tutti gli altri colleghi. “Non abbiamo nulla da nascondere, il governo sta collaborando con la Commissione, mentre i nemici di Mitsotakis cercano di trarne vantaggio alle prossime elezioni”, ha denunciato Anna-Michell Asimakopoulou: “Non tollereremo che venga intaccata la credibilità della Grecia e del suo governo”. L’olandese Jeroen Lenaers, presidente della commissione speciale d’inchiesta per esaminare l’uso di Pegasus e di altri spyware (Pega), ha concesso che “la sorveglianza illegale è inaccettabile”, ma ha cercato di elevare la questione a un livello più generale (anche in virtù della carica che riveste): “Non riguarda uno Stato solo né una singola tecnologia, dobbiamo indagare a fondo la situazione in Europa“, e per questo motivo gli eurodeputati della commissione Pega si recheranno in Grecia per “indagare prima di trarre conclusioni”, ha concluso Lenaers.