Bruxelles – Riciclare di più, per pagare di meno. E tutelare l’ambiente. La transizione verso l’economia circolare entra nella campagna elettorale in vista del voto del 25 settembre e in particolare l’Alleanza Verdi-Sinistra Italiana spinge su obiettivi ambiziosi. “Non possiamo più ritardare l’introduzione della plastic tax oltre gennaio 2023 per non gravare sulla collettività e adottare il Piano plastica con l’obiettivo di una drastica riduzione dei consumi” e di “riciclare il 90 per cento dei rifiuti plastici“, si legge nel programma elettorale, che mette in particolare evidenza il fatto che “oggi l’Italia paga all’Europa oltre 800 milioni di euro all’anno di plastic tax che non recupera dai consumi di plastica, perché la plastic tax nazionale è stata rimandata”.
Quanto affermato nel programma dei Verdi-Sinistra Italiana è vero nella sostanza, ma mostra alcune imprecisioni da un punto di vista tecnico. Nel 2021 l’Italia ha versato al bilancio dell’Unione Europea circa 744 milioni di euro come contributo sulla risorsa propria basata sulla plastica, che è proporzionale alla quantità di rifiuti di imballaggio non riciclati (moltiplicata per 0,8 euro al chilo). Come sottolineano fonti della Commissione Ue “non si tratta di una tassa, ma di un contributo che gli Stati membri versano al bilancio dell’Ue“, in virtù dell’approvazione da parte del Consiglio nel 2020 della proposta dell’esecutivo comunitario, applicata a partire dal primo gennaio dello scorso anno. La principale motivazione alla base di questo contributo è quella di “allineare meglio il bilancio dell’Ue alle priorità dell’Unione, in questo caso la transizione verso un’economia circolare” e deve essere inteso come “un incentivo per gli Stati membri a ridurre i rifiuti di imballaggio in plastica“.
Non ci sono dubbi sul fatto che se il Paese riuscisse ad aumentare la propria quota di riciclo degli imballi di plastica, di conseguenza diminuirebbe l’importo da versare per il bilancio dell’Unione, allineandosi allo stesso tempo agli obiettivi della Strategia Ue per la plastica. Lo scorso anno l’Italia è stata il terzo Paese membro Ue per importo più alto versato, dietro a Germania (1,4 miliardi) e Francia (1,2 miliardi): né Berlino né Parigi hanno ottenuto la riduzione forfettaria che invece è spettata a Roma, il cui contributo lordo si attestava a 928 milioni di euro. Questi tre Stati insieme hanno contribuito da soli al 57 per cento di tutte le risorse proprie dell’Unione provenienti dai rifiuti di imballaggio di plastica (complessivamente 5,8 miliardi di euro).
Stando ai dati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, lo scorso anno l’Italia non è riuscita a riciclare 1,16 milioni di tonnellate di imballaggi di plastica, in leggera diminuzione rispetto al 2019, quando erano 1,27 milioni. I dati Eurostat hanno messo in luce che due anni fa il Paese produceva 2,31 tonnellate di rifiuti plastici (38,75 chili pro capite, il settimo peggiore dietro a Irlanda, Estonia, Lussemburgo, Portogallo, Danimarca e Germania) e allo stesso tempo ne riciclava un milione, ovvero il 45 per cento (17,46 chili pro capite, il quinto Paese peggiore dopo Lituania, Spagna, Irlanda ed Estonia). L’obiettivo dei Verdi-Sinistra Italiana di portare il tasso di riciclo al 90 per cento è particolarmente ambizioso, anche considerando che la media Ue è inferiore a quella italiana (40 per cento) e che il Paese più virtuoso – la Lituania – si ferma al 69,6 per cento.
Uno strumento per migliorare l’impatto quantomeno sulla quantità di rifiuti prodotti potrebbe essere proprio la plastic tax, la tassa del valore fisso di 0,45 centesimi per ogni chilo venduto di prodotti di plastica monouso (i cosiddetti Macsi), utilizzati per il contenimento, la protezione, la manipolazione o la consegna di merci e alimentari e che non sono stati progettati per essere riutilizzati durante il loro ciclo di vita. L’imposta era prevista dalla Legge di Bilancio 2020 – come attuazione della Direttiva Ue del 5 giugno 2019 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente – ma la sua entrata in vigore prevista per il luglio 2020 è stata posticipata tre volte (al momento al primo gennaio 2023). “Per impostazione, non è previsto alcuno strumento che consenta agli Stati membri di richiedere un contributo sui rifiuti di imballaggio in plastica non riciclati agli attori a livello nazionale”, precisano le fonti Ue sull’introduzione della plastic tax, richiamandosi al fatto che, secondo il diritto comunitario, spetta a ciascuno Stato membro definire come recepire una direttiva nella legislazione nazionale, attraverso disposizioni allineate con gli obiettivi della direttiva stessa.