Bruxelles – Uno dei punti più controversi della campagna elettorale in vista del voto del 25 settembre riguarda il Piano nazionale di ripresa e resilienza e la sua attuazione secondo il perimetro approvato dalla Commissione Ue nel giugno dello scorso anno. Dopo le polemiche sulla possibilità che un governo di centro-destra possa mettere a rischio i fondi del Next Generation Eu e sulla posizione dei partiti italiani nelle votazioni al Parlamento Ue, un nuovo scontro si sta consumando tra le forze politiche su una delle proposte dell’Accordo quadro di programma per un Governo di centrodestra della coalizione formata da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia: “Accordo con la Commissione Europea, così come previsto dai Regolamenti europei, per la revisione del Pnrr in funzione delle mutate condizioni, necessità e priorità“. In altre parole, una modifica in corsa del Pnrr dell’Italia.
“Il regolamento all’articolo 21 dice che se uno straccia il regolamento, lo ritratta e ne deve rifare un altro, ci vogliono tempi e negoziati”, ha attaccato il segretario con delega agli Affari Esteri del governo Draghi, Enzo Amendola. Dopo l’erogazione della prima rata da 21 miliardi di euro ad aprile di quest’anno e la richiesta di pagamento della seconda (dello stesso importo), “questo Piano ha una scadenza, perderemmo almeno 20 miliardi di un semestre“, ha ricordato Amendola, rivendicando la “strada che abbiamo sudato e negoziato per portare a casa le risorse” destinate all’Italia: “Un conto è la campagna elettorale, un altro è l’interesse nazionale”. Anche dal leader di Azione e del terzo polo, Carlo Calenda, in un’intervista a Sky Tg24, sono arrivate pesanti critiche alla proposta di modifica del Pnrr dell’Italia: “Si può fare solo in presenza di condizioni impeditive, questa cosa qua è una ridicolaggine“.
https://twitter.com/amendolaenzo/status/1558100829604823042?s=20&t=n9p49DhkEMmcXd6IFlQ73g
Il punto centrale riguarda proprio le tempistiche e le condizioni poste da Bruxelles, più che il semplice discorso teorico sul se è possibile modificare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (la risposta sarebbe banalmente, sì, a determinate condizioni). Entro il 31 dicembre 2022 dovranno essere soddisfatti 55 obiettivi Pnrr per ottenere il via libera dell’esecutivo comunitario all’erogazione di una nuova tranche da 20 miliardi di euro e qui si gioca tutta la partita. Ammesso e non concesso che la coalizione di destra vinca le elezioni e riesca agevolmente a formare un esecutivo, questo difficilmente potrebbe iniziare i lavori prima della fine di ottobre. Richiedere subito una modifica del Pnrr sarebbe pressoché impraticabile, proprio per la scadenza ravvicinata delle condizioni da soddisfare per l’erogazione della terza rata, mentre più plausibile sarebbe all’inizio del 2023: il problema rimane in ogni caso la cadenza semestrale della valutazione degli obiettivi stabiliti per l’Italia, secondo le tempistiche per le riforme incluse nel Piano e nella decisione di attuazione. A rischio, in caso di mancato rispetto, sono proprio i fondi destinati al Paese dal Next Generation Eu (191,5 miliardi di euro in totale, di cui 68,9 miliardi in sovvenzioni e 122,6 miliardi in prestiti).
Il Regolamento europeo del 12 febbraio 2021 prevede la possibilità di modificare il Pnrr, “se non può più essere realizzato, in tutto o in parte, dallo Stato membro interessato a causa di circostanze oggettive“. In questo caso è possibile presentare alla Commissione una richiesta motivata – basata sull’impossibilità di attuare il Piano e non sul cambio di priorità – e, salvo proroghe, entro due mesi l’esecutivo comunitario deve decidere se i motivi giustificano la modifica. Se la Commissione dà il via libera con una proposta per una nuova decisione di esecuzione del Consiglio, il testimone passa ai capi di Stato e di governo dei Ventisette, che possono approvare o rigettare la domanda. Le possibilità di una risposta positiva alla modifica del Piano del principale beneficiario sembrano piuttosto remote, se si ricordano anche solo le resistenze dei Paesi “frugali” (Paesi Bassi, Austria, Svezia e Danimarca) all’idea di un debito comune europeo nel pieno della pandemia Covid-19.
A questo scenario non esattamente incoraggiante per le ambizioni della coalizione di destra, si aggiungono i malumori che già iniziano a circolare a Bruxelles. Fonti Ue confermano che gli Stati membri “dovrebbero attuare in via prioritaria i Piani di ripresa e resilienza approvati dal Consiglio nelle relative decisioni di attuazione”, con inclusi “obiettivi e tappe con tempistiche chiare, anche per quanto riguarda le riforme trasformative incluse in ciascun Piano”. A proposito del Pnrr italiano, “le raccomandazioni, così come le riforme e gli investimenti inclusi, rimangono valide“, sottolineano le fonti, che evidenziano il fatto che il Piano comprende “un’ampia serie di riforme e investimenti che si rafforzano a vicenda” e che contribuiscono ad “affrontare efficacemente un sottoinsieme significativo delle sfide economiche e sociali delineate nelle raccomandazioni specifiche rivolte all’Italia dal Consiglio nell’ambito del semestre europeo nel 2019 e nel 2020”.