Bruxelles – Nucleare, avanti tutta. E indietro tutta. Avanti con i reattori, marcia indietro sulla decisione di spegnerli alla fine di quest’anno. La Germania, di fronte al rischio di shock energetici, riavvia il ragionamento sulle sue centrali. “Può avere un senso” mantenerle in attività, confida pubblicamente il cancelliere Olaf Scholz. Sceglie la cornice della fabbrica di Siemens Energy a Mülheim an der Ruhr per dare avvio a quella che rischia di essere un’inversione a U tanto controversa quanto necessaria. Siemens è l’azienda che si occupa della manutenzione del gasdotto russo Nord Stream, e che attende di installare la ormai famosa turbina indicata da Gazprom, ma che resta smontata causa – queste le motivazioni addotte dal colosso energetico del Cremlino – problemi burocratici e certificazioni. Da est non si pompa più come si dovrebbe, e la Germania, in odor di recessione, non sembra avere di fronte a sé grandi alternative.
Scholz riapre un dibattito che deve essere sciolto e risolto innanzitutto a Berlino. Gli alleati di governi del Verdi sono da sempre contrari al ricorso delle centrali, per via delle scorie e del loro smaltimento. Ma con i diversi Lender che già hanno iniziato a imporre spegnimento di caloriferi nelle scuole, docce fredde nelle piscine e nelle palestre e stop ad acqua calda negli uffici, servono interventi per non impattare in maniera oltremodo eccessiva sulla vita e le abitudini dell’opinione pubblica. Proseguire con le centrali nucleari potrebbe rappresentare un’ancora di salvezza. In nome della tenuta del Paese, Scholz potrebbe convincere gli alleati. Tanto più che nelle scorse settimane il il ministro delle Finanze, il verde Robert Habeck, ha annunciato rincari sulle bollette del gas. La deroga alle posizioni di principio dei Grunen riuscirebbe a salvare i consensi, se le famiglie fossero risparmiate dall’aumento dei costi.
Per ora nessun commento a livello europeo. Interviene solo l’europarlamentare Christine Anderson, tedesca di Alternative fur Deutschland, espressione di un’opposizione tanto tedesca quanto europea. “Sulla scia della crisi energetica, i Paesi partner esortano la Germania a rinviare l’uscita del nucleare”. Al netto di dichiarazioni che rispondono a logiche di schieramenti, c’è del vero.
I partner europei restano alla finestra, a guardare le mosse di Berlino. Ma c’è un gruppo di Paesi che ha interesse nel vedere la Germania proseguire con il nucleare civile. Il principio della solidarietà funziona finché non deve essere tradotto in pratica. Una crisi di gas in Germania vorrebbe dire intaccare le riserve che i partner a dodici stelle stanno costituendo in vista dell’inverno. Ungheria, Romania e Slovacchia vorrebbero cercare di aiutare lo stretto indispensabile, meglio ancora se poco o niente. Andare avanti con i tre reattori ancora attivi (Isar II in Baviera, Neckarwestheim II in Baden-Württemberg e Emsland in Bassa Sassonia) darebbe sicurezza alla Germania e maggiori certezze a questo Paesi dell’est, a cui si aggiunge anche la Repubblica Ceca.
In Germania il partito liberale sembra essere pronto a riconsiderare l’uscita dal nucleare, Scholz apre a questa possibilità. Manca solo l’accordo con gli alleati verdi. A quel punto potrebbe essere scongiurato il peggio, senza peraltro intaccare agenda e impegni europei. Nella plenaria di luglio il Parlamento europeo ha approvato la proposta della Commissione di inserire l’energia nucleare nel sistema di classificazione degli investimenti sostenibili, la cosiddetta tassonomia verde.