Bruxelles – Cresce incertezza sul ritorno a per regime del gasdotto Nord Stream 1, la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo all’Europa, fermo in manutenzione da lunedì 11 luglio per almeno dieci giorni, fino al 21 del mese. Una manutenzione strumentale, ritiene Bruxelles, per mettere pressione all’Europa sfruttando la forte dipendenza della regione dagli idrocarburi di Mosca, in particolare dal gas. A capacità massima trasporta circa 55 miliardi di metri cubi di gas da Mosca alla Germania attraverso il Mar Baltico. Il colosso russo del gas Gazprom – che gestisce i flussi di Nord Stream 1 – ha fatto sapere ieri (13 luglio) di non poter garantire il corretto funzionamento del gasdotto Nord Stream 1 oltre la data del 21 luglio.
— Gazprom (@GazpromEN) July 13, 2022
L’infrastruttura da metà giugno già funzionava al 40 per cento della sua capacità, a causa – ha motivato Mosca – dell’assenza di una turbina servita dalla società tedesca Siemens Energy, in Canada, necessaria per la manutenzione del gasdotto. Ottawa, lo scorso fine settimana, ha acconsentito a rilasciare un permesso temporaneo solo per agevolare la restituzione della turbina, passando prima per la Germania per non violare le sanzioni alla Russia. E la Commissione europea aveva accolto con favore la decisione, dal momento che con il ritorno di questa parte sarebbe “venuta meno anche una delle scuse utilizzate dalla Russia per ridurre i flussi di gas”, scriveva due giorni fa in una nota.
Non così in fretta, perché Gazprom ha fatto sapere ieri di non avere i documenti necessari “per consentire a Siemens di entrare in possesso della turbina” in questione, non potendo quindi garantire il funzionamento sicuro di una “parte critica” del gasdotto. L’Unione europea teme che la Russia possa estendere la manutenzione programmata oltre la data del 21 luglio per limitare ulteriormente la fornitura di gas europea, rallentando anche i piani di Bruxelles di riempire gli stoccaggi ad almeno l’80 per cento della capacità nazionale entro il prossimo primo novembre. La media europea (che complessivamente dovrebbe arrivare all’85 per cento entro il mese di novembre) è oggi pari a poco superiore al 62 per cento, secondo gli ultimi dati Gie-Agsi.
L’Italia è sesta in Europa con una percentuale del 65,33 per cento al 12 luglio, in crescita dello 0,5 per cento rispetto ai due giorni precedenti. In cima alla classifica c’è sempre il Portogallo, che da tempo ha raggiunto il 100 per cento della capacità di stoccaggio, seguito da Polonia (97,56 per cento), Danimarca (81,51 per cento), Spagna (73,7 per cento), Repubblica ceca (73,22 per cento), Francia (68,74 per cento). Non tutti i Paesi membri dell’Unione europea hanno strutture apposite per lo stoccaggio del gas, Irlanda, Lussemburgo, Slovenia, Grecia, Cipro, Lituania e Finlandia non ne sono provvisti e devono poter fare affidamento sulle strutture di riempimento degli altri, sulla base di un principio di solidarietà. Con l’inverno alle porte e le minacce sempre più concrete della Russia e della controllata Gazprom, Bruxelles cerca di correre ai ripari presentando la prossima settimana un piano di riduzione della domanda di gas proprio in vista della stagione fredda, facendo leva anche e soprattutto sulla solidarietà dell’offerta. Ovvero sul fare in modo che il gas vada dove non c’è in caso dello stop completo alle forniture da parte della Russia. Oggi più concreto di ieri.