Bruxelles – Nessun cenno, neanche minimo, all’idea di aprire una convenzione interistituzionale per riformare i Trattati dell’Unione europea. I capi di stato e governo riservano appena sei righe alla Conferenza sul futuro dell’Europa nelle conclusioni del Vertice Ue del 23-24 giugno, approvate ieri notte. Sei righe in cui si dice poco su come i governi si impegneranno a dare un seguito concreto all’unico esercizio di democrazia partecipativa nella storia dell’UE che per quasi dodici mesi ha portato 800 cittadini – casualmente selezionati da tutti e Ventisette gli Stati membri – a discutere di futuro dell’Unione Europea e per individuare con quali priorità andare a rendere più solido il progetto di integrazione comunitaria.
I leader si limitano a prendere atto delle 49 proposte emerse dall’esercizio di deliberazione – presentate alle Istituzioni comunitarie nel corso dell’evento conclusivo del 9 maggio a Strasburgo – e a ricordare “che la conferenza è stata un’opportunità unica per impegnarsi con i cittadini europei e le istituzioni dell’UE dovrebbero garantire un seguito efficace alla relazione finale, ciascuna nell’ambito delle proprie sfere di competenza e in conformità con i trattati”. Il Consiglio europeo ha preso atto del lavoro già svolto e ha ricordato l’ importanza di garantire che i cittadini siano informati sul seguito dato alla relazione”.
A sentire fonti del Consiglio si tratta già di un successo, il testo delle conclusioni è volutamente vago perché tra gli Stati di fatto non c’è accordo sull’idea di una eventuale riforma dei trattati. Su quando, come, in che termini attuarla. Gli Stati membri sono arrivati al Vertice Ue spaccati esattamente a metà sulla questione e la discussione è stata marginale in un Summit denso di temi (dallo status di candidato per Ucraina e Moldova alla costruzione di una Europa allargata). Per aprire una convenzione servono 14 Stati membri in seno al Consiglio e mentre ancora doveva calare il sipario sui lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa un gruppo di tredici Paesi europei – Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia – si è opposto con fermezza alla modifica dei Trattati europei, facendo circolare un non-paper in cui definiscono “prematuro” aprire la riforna dei trattati.
Con 13 Paesi membri su 27 contrari alla convenzione, un vero e proprio dibattito al Vertice di giugno non c’è proprio stato, confidano fonti. Ma si legge come un “successo” perché l’alternativa poteva essere anche peggiore. Ovvero, inserire nelle conclusioni l’impegno ad attuare solo le proposte della Conferenza sul futuro dell’Europa che non prevedono una riforma dei Trattati ma che possono attuarsi senza mettere mano all’architettura attuale. Così non è stato e gli Stati si impegnano a discuterle tutte, anche quelle che prevedono una revisione dei trattati. Ma è un fatto che senza la convocazione di una convenzione, la sede in cui legittimare una discussione sulla revisione dei trattati, lo spirito di questo esercizio rischia di essere ridimensionato.