Bruxelles – ‘No’ all’inclusione del gas e del nucleare tra le attività economiche sostenibili con cui finanziare il Green Deal europeo. Le commissioni riunite degli Affari economici (Econ) e dell’Ambiente (Envi) del Parlamento europeo hanno approvato (con 76 voti favorevoli, 62 contrari e 4 astenuti) martedì (14 luglio) un’obiezione sull’atto delegato con cui la Commissione europea vuole considerare gas e nucleare tra gli investimenti sostenibili dal punto di vista climatico. Se l’obiezione sarà approvata anche dalla maggioranza assoluta dei deputati (353) in seduta plenaria, la Commissione UE sarà costretta a rivedere la sua idea di tassonomia.
I deputati “riconoscono il ruolo del gas nucleare e fossile nel garantire un approvvigionamento energetico stabile durante la transizione verso un’economia sostenibile”, ma “ritengono che gli standard di screening tecnico proposti dalla Commissione non rispettino i criteri per le attività economiche ecosostenibili”, si legge in una nota dell’Eurocamera pubblicata dopo il voto. Le due commissioni tornano a insistere sulla necessità che gli atti delegati come quello della tassonomia “siano soggetti a consultazione pubblica e valutazioni d’impatto”, perché possono avere impatti economici, ambientali e sociali significativi.
La tassonomia ‘verde’ è il sistema europeo di classificazione degli investimenti economici sostenibili con cui Bruxelles vuole fissare criteri comuni per assicurarsi che grandi somme di capitale (soprattutto privato) vadano nella direzione del Green Deal e della transizione. Nei fatti, la tassonomia si traduce in un regolamento che ha stabilito 6 obiettivi ambientali: mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, l‘uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine; la transizione verso un’economia circolare; la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento; la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi. Un’attività economica per entrare nella tassonomia deve contribuire “in modo significativo” al raggiungimento di uno di questi sei obiettivi fissati da Bruxelles, ma nessuno di questi obiettivi può essere compromesso (ovvero, l’attività non può arrecare un danno significativo). I dettagli di questi criteri sono stati lasciati, di proposito, dalla Commissione europea alla definizione attraverso atti delegati secondari.
Con molto ritardo sulla tabella di marcia, l’Esecutivo europeo ha presentato ad aprile 2021 il primo atto delegato che riguarda i primi due dei sei obiettivi (quelli propriamente climatici) andando a coprire oltre dieci settori dall’energia rinnovabile alla silvicoltura passando per la ristrutturazione degli edifici e i trasporti.
L’obiezione è stata presentata lo scorso 20 maggio da una coalizione trasversale di gruppi parlamentari, che va dalla destra del Partito popolare europeo (PPE) alla sinistra, che hanno chiesto di bocciare la proposta della Commissione. Il fatto che l’obiezione sia stata accolta dalle due commissioni competenti, non significa che in automatico passerà anche dalla plenaria. Il secondo atto delegato sulla tassonomia, quello che riguarda gli investimenti in gas e nucleare, è stato adottato dalla Commissione europea lo scorso 2 febbraio dopo vari rinvii e presentato l’11 marzo al Parlamento europeo, che ora come il Consiglio (in qualità di co-legislatori) ha tempo fino all’11 luglio per respingerlo. L’atto che riguarda nucleare e gas è stato particolarmente divisivo sia tra gli eurodeputati che tra gli Stati membri, dove è improbabile che si trovi una maggioranza per bocciarlo. Entrambi i due co-legislatori hanno potere di veto sull’atto delegato, ma con numeri (e, dunque, anche possibilità di affossarlo) molto diversi.
Gli Stati UE possono opporsi a maggioranza qualificata rafforzata inversa, che significa una super maggioranza di 20 Stati membri su 27, molto improbabile da raggiungere. Anche con l’opposizione “di peso” di Paesi come la Germania (che ha annunciato il veto) e l’Austria, che invece ha annunciato una vera e propria azione legale contro la Commissione Europea. L’Europarlamento al completo voterà all’inizio di luglio sulla risoluzione, durante la plenaria in programma dal 4 al 7 luglio, ma gli basterà la maggioranza semplice di 353 deputati.
I criteri divisivi su gas e nucleare
Nella proposta della Commissione sul secondo atto delegato, si considerano “sostenibili” le centrali a gas con emissioni inferiori a 100 grammi di CO₂ equivalente per kilowattora. Gli impianti che ricevono un permesso di costruzione entro il 31 dicembre 2030 dovranno rispettare il limite di emissioni di gas serra inferiori a 270 g di CO₂ equivalente per kWh e soprattutto dovranno andare a sostituire un impianto a combustibili fossili più inquinante e già in attività. L’obiettivo è quello di arrivare a una produzione di energia elettrica al 100% da gas rinnovabili (biogas, biometano, idrogeno verde) e a basse emissioni entro il 2035, senza step temporali intermedi che invece erano previsti nella prima bozza del testo normativo.
Quanto all’energia elettrica prodotta da centrali nucleari, il discorso è in parte diverso perché l’energia atomica non produce emissioni di CO₂ ed è questo il motivo per cui diversi Stati membri – come la Francia – continuano a sostenerne l’inclusione nel proprio mix energetico, anche se il problema connesso all’energia dell’atomo è quello dello smaltimento dei rifiuti radioattivi. Secondo la proposta della Commissione, i permessi per la costruzione di nuovi impianti nucleari non potranno essere rilasciati dopo il 2045 dagli Stati membri, mentre per estendere la vita degli impianti esistenti i permessi dovranno essere rilasciati entro il 2040.
Le centrali serviranno per la produzione di elettricità o calore e anche la produzione di idrogeno, utilizzando le “migliori tecnologie disponibili” (“Best Available Technologies” come da requisiti della direttiva del Consiglio 2009/71/Euratom) e i combustibili tolleranti agli incidenti (AFT), ovvero un insieme di nuove tecnologie che hanno il potenziale per migliorare la sicurezza nelle centrali nucleari, che saranno obbligatorie dal 2025. Nessuna scadenza temporale per il nucleare di cosiddetta IV generazione che include tecnologie avanzate a ciclo chiuso del carburante per ridurre al minimo gli sprechi. La creazione di nuove centrali nucleari è vincolata all’obbligo per gli Stati membri di attivare un fondo per la gestione dei rifiuti radioattivi e lo smantellamento degli impianti a fine vita. I governi dovranno quindi mettere nero su bianco un piano per fare entrare in funzione, al più tardi entro il 2050, un impianto a livello nazionale per lo smaltimento di rifiuti altamente radioattivi, sul quale riferiranno ogni 5 anni alla Commissione UE.