Bruxelles – Un’inflazione che rimarrà “indesideratamente elevata per un po'”, le incognite legate ad una guerra in Ucraina che “se dovesse peggiorare, potrebbe far rimanere il costo dell’energia e dei prodotti alimentari elevato per lungo tempo” ancora, aggravando ancora di più la situazione economica. Tutte fattori di “incertezza” che “continueranno a pesare sulla fiducia e a frenare la crescita, soprattutto nel breve termine”. Un quadro, quello dipinto da Christine Lagarde, che non lascia prevedere nulla di buono per l’Eurozona, per cui le stime di crescita vengono riviste al ribasso, ancora una volta. “Le proiezioni dei nostri esperti anticipano una crescita annua del PIL in termini reali del 2,8 per cento nel 2022 e del 2,1 per cento nel 2023 e nel 2024″, scandisce la presidente della BCE al termine di una rione del consiglio direttivo concorde sulle prospettive deteriorate dell’andamento. “Rispetto alle proiezioni di marzo, le prospettive sono state riviste significativamente al ribasso per il 2022 e il 2023, mentre per il 2024 sono state corrette al rialzo”.
Le nuove stime tagliano la crescita certificata dalla Commissione europea meno di un mese fa per il prossimo anno, confermando una volta di più i timori già espressi per il club della moneta unica. Ma bisogna fare i conti con la guerra, che “sta interrompendo il commercio, sta portando a penuria di materiali e sta contribuendo all’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime”. A questo si aggiunge poi l’incognita di un COVID-19 che sembra tornare ad affacciarsi minacciosamente. Lagarde cita non a caso “le rinnovate restrizioni pandemiche in Cina” tra i fattori che gravano su andamento e tenuta dell’economia. La situazione è tale da imporre una risposta politica credibile, a livello nazionale come comune, ma l’Eurotower in tal senso sembra preoccupata per la condotta di certi governi e contrariata per la piega presa a livello comunitario.
Ricorda come “la politica di bilancio sta aiutando ad attutire l’impatto della guerra”. Ma misure di bilancio “mirate e temporanee”, se da una parte “tutelano le persone che sopportano il peso maggiore dell’aumento dei prezzi dell’energia”, dall’altro incidono sullo stato dei conti pubblici in un momento in cui “la politica macro-prudenziale rimane la prima linea di difesa per preservare la stabilità finanziaria e affrontare le vulnerabilità a medio termine”. Un invito velato all’Italia, dal debito pubblico elevato e con meno preoccupazioni per lo stesso rispetto ai partner a dodici stelle e con la moneta unica.
Ma il richiamo vero è per un’Europa troppo litigiosa e divisa sulle politiche che servirebbero davvero in questo momento. “La rapida attuazione del pacchetto ‘Fit for 55’ e del piano REPowerEU aiuterebbero anche l’economia dell’area dell’euro a crescere più rapidamente in modo sostenibile e a diventare più resistente agli shock globali”. Peccato che sul Fit for 55 il Parlamento europeo abbia dato prova di non saper trovare quella quadra che pure Lagarde avrebbe tanto voluto, data una situazione non proprio ottimale e stime di crescita ritoccate al ribasso.