Le recenti esternazioni di Tony Blair sulla crisi irachena confermano platealmente il suo asservimento a poteri che perseguono propri interessi geopolitici senza farsi troppe remore se questo comporta distruzione e massacro.
Il dottor Stranamore falso-laburista nato nel vivaio dei grandi mistificatori inglesi di cui anche Cameron è un rampollo, afferma oggi con sorprendente leggerezza che la disgregazione dell’Iraq e l’insorgere delle bande estremiste dell’ISIL non hanno nulla a che fare con la guerra da lui scatenata assieme a Bush nel 2003. Il rovesciamento di Saddam Hussein sarebbe comunque arrivato assieme alle primavere arabe, sostiene in sintesi l’uomo responsabile di una guerra che ha fatto centinaia di migliaia di morti civili e distrutto uno stato sovrano. Ma dimentica di ricordarci che il suo obiettivo dichiarato per l’invasione dell’Iraq non era il rovesciamento di Saddam bensì la caccia alle mai trovate armi di distruzione di massa e già così affoga nelle contraddizioni.
La ricetta che suggerisce Blair per guarire tutti i mali mediorientali è quella dell’intervento in Siria, e lo sproposito si commenta da solo a vedere la complessità dello scenario. Come intervenire in una guerra dove l’opposizione ad Assad è una costellazione di movimenti insondabili? Con quale missione? Con quale efficacia senza l’avallo russo? La Russia poi fu l’unica ad avere qualche idea al riguardo, come il sequestro delle armi chimiche di Assad. L’esperienza di tutti gli errori commessi da Blair mostra proprio che è vero il contrario. Come Saddam ieri oggi Assad è il male minore, tiranno colpevole certo di massacri ma comunque un argine all’integralismo quaedista attizzato proprio dalle guerre afghana e irachena. Comunque impensabile spodestarlo ora che la sua supremazia militare si conferma. Probabilmente finanziata dagli stessi interessi che hanno armato la coalizione della seconda guerra del Golfo.
Già, i venditori di armi che non conoscono principi e anche noi italiani vantiamo in questo una competitiva industria. E poi spodestare Assad per insediare chi? In questo momento una comunità di intenti fra le grandi potenze sulla questione siriana è impossibile. Anche per la debolezza degli USA, dissanguati dalla guerra afgana. E se l’Occidente intervenisse oggi in Siria nel disordine con cui è intervenuto in Libia, avremmo un altro Afghanistan sulla porta di casa. Se Blair e Bush non avessero scatenato la guerra contro Saddam, in Iraq come in Siria si sarebbe potuto accompagnare il cambiamento, realisticamente offrendo una via d’uscita ai loro despoti. La democrazia in questi paesi non la si può iniettare come un vaccino. Deve crescere col tempo, passando per vari stadi di turbolenza e regimi autoritari comunque preferibili alla guerra a oltranza. Arroccarsi su posizioni di principio non è la più nobile delle opzioni quando per abbattere un tiranno si sacrificano migliaia di persone e si innesca un processo irreversibile di rese dei conti. Bush può essere accusato di profonda ignoranza della questione mediorientale. Per uno che deve avere imparato la storia sui videogames, capire la differenza fra uno sciita e un sunnita può essere impervio. Ma Blair, primo ministro dell’antica potenza coloniale che dominava l’Iraq, non poteva non sapere a che cosa metteva mano.
Oggi la miccia della polveriera irachena, minacciando il Kurdistan iracheno, si estende alla Turchia che ha interessi petroliferi nella zona e ostaggi nelle mani dell’ISIL. Non bisogna dimenticare che il nord iracheno di Tal Afar è abitato da turcomanni che Ankara si sente in dovere di proteggere. La voglia turca di menare le mani è grande anche in Siria e gli americani faticano a tenerla a freno. Di fatto oggi l’Iraq si è disintegrato in tre parti e la divisione potrebbe diventare definitiva. Forse un’evoluzione inevitabile e in fin dei conti risolutiva se non fosse che la componente sunnita è dominata dai terroristi dell’ISIL. Comunque un processo dove l’Occidente si è privato di ogni capacità di influenza dopo gli interventi armati degli ultimi decenni.
Per tutte queste ragioni un uomo come Blair dovrebbe non avere più alcun credito sulla scena politica mondiale. Il fatto poi che un guerrafondaio simile ricopra l’incarico di inviato per la pace dell’ONU in Medio Oriente è semplicemente grottesco e la dice lunga sulla credibilità che il Quartetto per il Medio Oriente può avere nella regione e agli occhi dei tanti iracheni che hanno visto il loro paese distrutto dalle bombe angloamericane.