Bruxelles – La Spagna è il primo Paese europeo ad aver introdotto il congedo mestruale. Lo ha fatto con una legge pioniera per la salute sessuale e riproduttiva delle donne, approvata il 17 maggio scorso. La nuova normativa, che modifica la precedente legge del 2010, amplia inoltre l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), all’educazione sessuale e riconosce la violenza ginecologica e ostetrica.
Per la prima volta in Europa, il ciclo mestruale potrà essere certificato come invalidante in forma temporanea, consentendo di usufruire di permessi di lavoro – orari o giornalieri – pagati dallo Stato. Come nel caso di patologie come l’endometriosi o l’ovaio policistico, ma anche solo di mestruazioni particolarmente dolorose che colpirebbero, secondo il ministero dell’Inclusione spagnolo, circa 6mila donne ogni anno. La normativa sul congedo mestruale prevede inoltre la distribuzione gratuita di assorbenti, tamponi e altri prodotti sanitari femminili nelle scuole, nelle carceri e in altre istituzioni pubbliche, contro la povertà mestruale.
A partire dai 16 anni, le giovani donne e quelle con disabilità potranno accedere all’aborto senza il permesso dei tutori legali e in strutture pubbliche, con più risorse e un servizio garantito anche attraverso la creazione di un registro per i medici obiettori di coscienza. La legge elimina inoltre il periodo di riflessione obbligatorio, previsto in genere prima dell’IVG, che per la Spagna era di tre giorni – in Italia è di sette –, oltre che l’esame delle possibili soluzioni, cioè il momento in cui il personale medico illustra alternative all’aborto come l’adozione. Tali informazioni saranno comunque disponibili, ma solo su richiesta della donna.
“Questa norma amplia i diritti ed elimina gli ostacoli all’esercizio dell’IVG”, ha dichiarato la ministra delle Pari opportunità, Irene Montero, nella conferenza stampa dove ha illustrato i punti del provvedimento sul congedo mestruale. Le scuole secondarie, i penitenziari e altri centri cittadini distribuiranno contraccettivi di barriera gratuiti nell’ambito di campagne di sensibilizzazione e prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. Anche la pillola del giorno dopo sarà disponibile nelle strutture sanitarie, sempre in forma gratuita. Prevista anche una maggiore promozione dei metodi di contraccezione ormonale maschile, “perché non sia solo una responsabilità delle donne”, come ha sottolineato Montero.
La legge mira inoltre ad articolare le responsabilità dello Stato nei confronti delle diverse forme di violenza in ambito ginecologico-ostetrico, imponendo la stesura di un protocollo comune di riferimento e rafforzando l’obbligo del personale sanitario di agire, durante il parto, tramite consenso informato per i trattamenti più invasivi. Come episiotomie (taglio del perineo), cesarei e altre procedure, tranne nelle situazioni in cui è a rischio la vita della madre o del bambino.
La maternità surrogata viene invece collocata le forme di violenza contro le donne. “La ratifica della Convenzione di Istanbul ci obbliga a rispondere a tutte le forme di violenza incluse in questo trattato”, comprese “alcune più legate ai diritti riproduttivi, come la sterilizzazione forzata, la contraccezione forzata, l’aborto forzato e la gravidanza forzata, come forme di violenza contro le donne”, ha concluso la ministra. È escluso il tema della tassazione sugli assorbenti femminili, che in Spagna sono tuttora soggetti a un’IVA del 10 per cento.
Il caso spagnolo rappresenta un unicum per l’UE, dove i diritti per la salute sessuale e riproduttiva delle donne restano a discrezione dei singoli Paesi, dal momento che la sanità – eccezion fatta per la pandemia da COVID-19 – non è parte delle politiche comuni europee.
Primi fra tutti i prodotti sanitari femminili: l’attuale direttiva sul sistema comune d’imposta al valore aggiunto riconosce agli Stati membri la possibilità di un’esenzione per gli assorbenti. Tuttavia, si va dall’Irlanda, unico Paese dell’UE ad aver azzerato l’aliquota, all’Ungheria al 27 per cento, la Croazia e la Danimarca, entrambe al 25 per cento. In Italia è scesa solo lo scorso anno dal 22 per cento al 10 per cento. Questo, per quanto il fenomeno della povertà mestruale colpisca una donna europea su dieci.
Nel caso dei contraccettivi, Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Ungheria, Lettonia, Lituania e Slovacchia non offrono coperture o rimborsi di alcun tipo, qualora essi siano utilizzati per prevenire eventuali gravidanze. Germania, Olanda e Svezia invece offrono questo servizio alle giovani donne, ma solo fino a una certa età. In Polonia e in Italia, ciò avviene solo in alcuni casi.
Queste differenze nel caso dell’IVG – o, al contrario, della fecondazione assistita – sono ancora più marcate. La Polonia permette l’aborto solo in due casi: quando la gravidanza mette a rischio la salute della donna e dopo violenza sessuale. In tutti gli altri casi, è criminalizzato con pene fino a tre anni di carcere. Malta invece non lo prevede affatto. In Italia questo diritto è garantito dalla legge 194 del 1978, ma spesso la percentuale di obiettori di coscienza è superiore a quella dei non obiettori, con l’impossibilità di fatto di accedere all’IVG.
In nessun Paese dell’UE il congedo mestruale viene riconosciuto per legge, così come la violenza ostetrica. Per il primo, l’Italia è ferma a una proposta di legge del 2016 che prevede un massimo di tre giorni al mese di permesso retribuito.