Bruxelles – Stoccaggi di gas riempiti almeno all’80 per cento della propria capacità entro il primo novembre 2022 e al 90 per cento a partire dal 2023. E’ al tempo record di quasi due mesi che il co-legislatori dell’UE – Parlamento e Consiglio – hanno raggiunto giovedì 19 maggio un accordo politico provvisorio sulla proposta di regolamento della Commissione Ue per affrontare eventuali rischi di approvvigionamento dovuti a tagli improvvisi alle forniture di gas dalla Russia, il principale fornitore all’Europa. E non è un’ipotesi così lontana, dal momento che appena tre settimane fa il gigante energetico russo Gazprom ha interrotto i flussi verso Bulgaria e Polonia, che si sono rifiutate di pagare il gas in rubli come disposto dal Cremlino.
Il nucleo duro del regolamento è l’obbligo per tutti gli Stati membri di tenere piene le riserve di gas prima dell’inizio dell’inverno – il periodo dell’anno in cui la domanda di gas è più alta, perché si usano di più i riscaldamenti – in modo da non andare in crisi di approvvigionamento in caso di tagli. Soprattutto ora che l’UE si sta impegnando a ridurre progressivamente la sua dipendenza dal gas importato da Mosca attraverso il piano ‘RePowerEU’.
L’accordo provvisorio – che ora andrà adottato da entrambe le istituzioni separatamente (solitamente è un passaggio solo formale) – dettaglia alcune regole per gestire una novità nel sistema infrastrutturale energetico europeo: fissa all’80 per cento il minimo livello di riempimento da osservare per quest’anno, ma esorta i governi e gli operatori a “sforzarsi di raggiungere l’85 per cento“, portando l’obiettivo al 90 per cento a partire dal 2023. A livello complessivo, l’Unione dovrà riempire l’85 per cento della capacità di stoccaggio sotterraneo del gas nel 2022. L’obbligo sarà in vigore fino a fine 2025 ed è prevista una esenzione per Cipro, Malta e Irlanda, che sono tra i Paesi che non hanno alcuna capacità di stoccaggi.
Per gli Stati membri che non hanno proprie strutture sotterranee per mettere in riserva il gas è possibile avere accesso a quelle degli altri (per circa il 15 per cento del loro consumo annuo di gas negli ultimi cinque anni), condividendo poi l’onere finanziario degli obblighi di riempimento con il governo “ospitante”. Gli Stati possono raggiungere l’obiettivo usando anche gas naturale liquefatto (GNL) o combustibili alternativi stoccati negli impianti. I co-legislatori danno mandato alla Commissione europea, inoltre, di istituire un meccanismo (volontario) per l’approvvigionamento congiunto di gas se almeno due Stati membri ne richiedono l’attivazione, per ottenere prezzi più bassi sugli ordini di grandi dimensioni ma anche per scongiurare concorrenza tra Stati sulle forniture.
Nei negoziati di queste settimane, il Parlamento europeo ha spinto per introdurre nel testo di compromesso un riferimento preciso per limitare l’uso di gas “da fornitori inaffidabili” – come la Russia – per riempire gli stoccaggi e per dare un segnale forte a Putin. La richiesta non è passata, la presidenza francese ha frenato su questo dal momento che come misura sembra impossibile da realizzare in pochi mesi, vista la forte dipendenza energetica da Mosca (oltre il 40 per cento del gas europeo importato arriva da lì). In conferenza stampa per presentare l’accordo, l’eurodeputato polacco Jerzy Buzek (PPE) che ha guidato la squadra negoziale per conto del Parlamento europeo, ha spiegato che nonostante non ci sia un obbligo effettivo, tutti gli Stati membri possono decidere volontariamente di non riempire lo stoccaggio con i volumi di gas in arrivo dalla Russia. Per dare un segnale forte al capo del Cremlino.