Bruxelles – Un muro in mezzo a una foresta. Ma non un muro qualunque, né una foresta qualunque: la Polonia ha iniziato la costruzione della barriera di confine con la Bielorussia e ha tutta l’intenzione di farla passare attraverso Białowieża, una delle ultime foreste vergini d’Europa. Un muro di cemento e acciaio alto 5,5 metri con attrezzature di sorveglianza contro gli attraversamenti irregolari di migranti, che corre lungo 186 chilometri di frontiera, compresi i circa 50 chilometri che attraversano il parco nazionale che finora ha protetto l’area verde primordiale tra i due Paesi.
Quello messo a rischio dal progetto avviato a inizio febbraio di quest’anno è un sito transfrontaliero del patrimonio mondiale dell’UNESCO, che si trova parte in Bielorussia e parte in Polonia. Per questa ragione, l’area polacca del parco nazionale è tutelata dalla rete di protezione ambientale dell’Unione Europea Natura 2000 dell’UE, che identifica le aree di protezione e conservazione degli habitat e delle specie animali e vegetali prioritari per gli Stati membri. Questa foresta è anche la casa della più grande popolazione libera di bisonti europei, oltre alle decine di specie protette che vivono in un habitat incontaminato, ormai un’eccezione sul continente europeo.
Nonostante il ministero dell’Ambiente polacco abbia assicurato che “saranno garantiti passaggi per gli animali nei corridoi di migrazione naturale”, il governo guidato da Mateusz Morawiecki è accusato di aver portato avanti il progetto della costruzione del muro di confine tra Polonia e Bielorussia senza il dovuto rispetto delle regole europee di protezione della natura, in particolare nella sezione che coinvolge la foresta di Białowieża. L’obiettivo è quello di impedire l’attraversamento in qualsiasi punto della frontiera a chiunque arrivi da Minsk, dopo l’autunno caldissimo sul fronte orientale. L’autoproclamato presidente bielorusso, Alexander Lukashenko è stato accusato di condurre una “guerra ibrida” contro l’UE e di strumentalizzazione delle persone migranti, per aver organizzato viaggi appositi da Paesi terzi a Minsk e per aver poi trasportato forzatamente queste persone sul confine. È con questa motivazione che la Polonia ha deciso la costruzione del muro, ma per quanto riguarda la sezione nella foresta di Białowieża, le autorità non hanno condotto nessuna valutazione d’impatto per le conseguenze dell’opera prima dell’inizio della costruzione: la direttiva Habitat del 1992 impone che, in linea principio, i progetti potenzialmente “dannosi” per le aree protette possano essere autorizzati solo “quando non rimane alcun ragionevole dubbio scientifico sull’assenza di impatti negativi”.
Per queste violazioni, sono in particolare gli eurodeputati a richiamare la Commissione UE ai propri doveri di sorveglianza, con una valutazione sulla possibilità di aprire una procedura d’infrazione. “Niente finora è stato fatto, mentre la gente muore in questa foresta e la natura viene brutalmente annichilita”, ha denunciato Róża Thun und Hohenstein (Renew Europe) nel corso del dibattito alla plenaria del Parlamento UE della scorsa settimana. “Questo muro suscita controversie per la mancanza di chiarezza finanziaria”, ha ricordato Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), mentre il collega socialdemocratico Robert Biedroń ha ricordato il “razzismo e xenofobia alla base della costruzione”. Per l’eurodeputato polacco “va lanciata una procedura d’infrazione per il non-rispetto della direttiva, perché sarà un disastro per specie animali già in pericolo”. Anche Sylwia Spurek (Verdi/ALE) ha fatto un appello al gabinetto von der Leyen per “bloccare la costruzione del muro”, perché “sarà una vergogna umanitaria e un disastro ambientale”.
A rispondere in Aula per l’esecutivo UE è stata la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson: “È una frontiera dell’Unione da proteggere, anche se non amiamo cancelli e mura, va arginato il flusso irregolare con un giusto sistema di migrazione e asilo”. Tuttavia, la legislazione comunitaria “va rispettata”, anche a livello ambientale: “Se un progetto ha un impatto potenziale sulle zone protette, le autorità devono verificare gli effetti e affrontarli“, perché “l’impatto significativo può essere giustificato solo da imperativi dimostrabili di sicurezza pubblica e con compensazione di eventuali danni”. La commissaria Johansson ha reso noto che l’esecutivo comunitario ha inviato una lettera a Varsavia “per chiedere l’ottemperanza del progetto con la legislazione europea, ora il governo deve risponderci“.